La Spada nella Roccia di San Galgano
La spada nella Roccia infissa nel 1180 da
Galgano Guidotti sull'Eremo di Montesiepi.
Questo fu l’unico miracolo in vita di San
Galgano, ma a distanza di oltre ottocento anni è ancora
visibile.
Una straordinaria quanto sconosciuta reliquia
del XII secolo, una spada nella roccia italiana.
Si tratta del corrispondente italiano della
leggenda della spada nella roccia di re Artù, ma con note differenti: mentre la spada nella roccia venne
estratta dal giovane Artù, questa spada venne conficcata nella roccia da San
Galgano.
Si parla di uno dei luoghi più suggestivi
della Toscana, a trenta chilometri da Massa Marittima, in provincia di Siena si
trova la Rotonda di Montesiepi, così è chiamato il complesso dell’Eremo con la
sua spada nella roccia, comprende anche le rovine di un’antichissima Abbazia
Cistercense purtroppo in pessime condizioni, eretta nel 1182 nel posto dove San
Galgano visse l’ultimo anno e lì dove infisse la sua spada nella roccia.
L’Abbazia Cistercense fu eretta successivamente, attorno al 1218.
Purtroppo però dopo un paio di secoli cadde
in rovina e, addirittura, il Commendatario Girolamo Vitelli, nel 1550, ne
vendette il tetto in piombo.
Ci furono poi vari tentativi di ripristinare
il convento ma, nel 1789, l’Abbazia venne sconsacrata e decadde definitivamente.
Oggi le sue suggestive rovine infondono profonde emozioni, oramai si può mirare
soltanto la sua struttura, oggi il suo soffitto sono le stelle ed il suo
pavimento è un soffice prato verde.
La storia di San Galgano
Galgano era un giovane di nobili origini, ma di ancor più nobili virtù.
Suo padre, Guidotto, lo lasciò orfano a giovane età, ma Galgano viveva con la sua madre Deonigia. Quando Galgano si convertì, la madre sognò San Michele Arcangelo che dolcemente le chiedeva di vestire a Cavaliere suo figlio, il quale sarebbe divenuto Cavaliere di Dio. Deonigia così fece e Galgano fu lieto ed onorato di seguire i comandi di San Michele, al quale era particolarmente devoto.
A distanza di tempo, quando era Cavaliere già
valoroso, Galgano ebbe un sogno profetico.
Sognò San Michele, il quale gli disse:
“seguitemi”.
Galgano ne fu lieto e prese a seguirlo
sperando che fosse arrivato il momento in cui sarebbe divenuto Cavaliere di Dio,
come disse il Santo nella visione della madre Deonigia.
Galgano seguiva il Santo giungendo fino ad un
fiume. Arrivò davanti all’imbocco di un lungo ponte, il quale non si poteva
superare se non a gran fatica. Sotto il ponte Galgano notò un mulino che girava
spinto dalla corrente del fiume. Il mulino che gira sta a rappresentare gli
eventi terreni che sono in continuo tumulto e agitazione, senza stabilità e del
tutto transitorie.
Passando il ponte giunse ad uno stupendo
prato fiorito e profumato, da lì continuò e gli parve di entrare nel sottosuolo.
Quel luogo era Montesiepi e lì scorse una casupola circolare dove entrò. Al suo
interno vi erano i Dodici Apostoli e, vicino a loro, un libro aperto; Galgano si
avvicinò per leggerlo e vide queste parole: “Quoniam non cognovi
licteraturam, introibo in potentias Domini, Domine memorabur iustitiae tuae
solius”.
Alzando gli occhi, vide una visione
meravigliosa ed estasiante.
Galgano chiese ai Dodici cosa fosse quella
visione, Essi risposero che era Iddio e Uomo.
Udito che ebbe queste parole e meravigliato
dalla visione, Galgano si svegliò.
Immediatamente corse, piangendo dalla gioia,
a raccontare questa visione alla madre, supplicandola di partire insieme a lui
alla volta di quel luogo della visione chiamato Montesiepi, assieme a maestri
della lavorazione della pietra e del legname al fine di costruire quell’edificio
mostratogli dall’Arcangelo e di dedicarlo alla Maestà Divina ed ai Dodici
Apostoli.
Ma la madre non volle andare, erano in pieno
inverno, il gelo e la scarsità di cibo la fece tentennare non poco, così Galgano
prese il suo cavallo e partì da solo.
Il cammino era lungo ed arduo. Con grande
stupore di Galgano, in un luogo non definito sulla via per il castello di
Civitella, il suo cavallo s’arrestò e non volle muoversi per nessuna ragione;
vani furono i tentativi del Santo di farlo avanzare, persino pungendolo con
entrambi gli speroni.
Si stava facendo sera e Galgano dovette
tornare indietro verso il castello della Pive di Luriano per alloggiarvi e
passarvi la notte.
Il mattino seguente il Cavaliere riprese il
viaggio ripercorrendo la strada per il castello di Civitella, ma allo stesso
luogo del giorno precedente, il cavallo si fermò di nuovo e non volle continuare
il cammino.
Allora Galgano scese da cavallo e, secondo la
tradizione tramandataci dai frati di Montesiepi e giunta sino a noi, pronunciò
la seguente preghiera:
“Creatore altissimo, principio di tutti e'
principii, e che facesti lo mondo di quattro elementi, et che lo mondo, per li
peccati degli uomini corrotto, per diluvio sì sanasti e purificasti, e che
passare facesti lo tuo popolo e seme d'Abramo lo Mare Rosso a ppiedi secchi, e
che, nel tempo de la plenitudine de la gratia, del seno del tuo Padre nel ventre
de la Vergine Maria descendesti vestito de la nostra humanitade, e lo patibolo
de la croce, li chiovi, e sputi, e fragellato e humiliato per ricomprarci
sostenesti, e lo terzo dì resuscitando da morte a coloro che tti credettero
apparisti, e che lo quadragesimo dì in cielo salisti, per cui comandamento e
volontà tutte le cose procedono; drizzami ne le tue semite e ne la tua vita e
nell'opere de' tuoi comandamenti, acciò che, al tuo servigio devotissimamente
stando, lo promesso habito di cavaliere meriti d'acquistare, lo quale ne la
visione mi mostrasti; e menami, Signor mio, ne la via de la pace e de la salute,
siccome menasti lo tuo servo e profeta nel lago de' leoni, lo quale portasse lo
cibo da mangiare a Daniello”.
Finito che ebbe di recitare la preghiera, il
cavallo riprese a muoversi senza neanche l’ordine del padrone, così Galgano
riuscì infine a giungere in quel luogo mostratogli dall’Arcangelo Michele:
Montesiepi.
Dunque iniziò a progettare, in animo
suo, di
tornare a casa e di devolvere il suo patrimonio tutto a favore dei poveri, ma
per ben tre volte fece per tornare e per altrettante volte udì una voce
proveniente dal cielo che gli disse:
“Galgano, Galgano, sta' fermo, perciò che in
questo luogo gli tuoi dì finirai. Non si vuole al principio corrare colui che
combatte, ma a la fine”.
Fu lì dunque che Galgano si stabilì, e
siccome era una zona selvatica, era costretto per mangiare a scendere a valle e
cibarsi delle erbe selvatiche chiamate “crescioni”.
Una notte, mentre Galgano si trovava in un
luogo tra due valli, udì il demonio avvicinarsi, il quale si ingegna ad
ingannare ogni uomo che voglia servire Dio.
Galgano, determinato alla lotta fece per
attaccarlo e il Maligno, sorpreso da tale reazione, se ne andò.
Di lì a pochi giorni, Galgano si propose in
cuor suo di andar a far visita alla Basilica degli Apostoli a Roma, per la
visione che ebbe di loro.
Fu così che mentre Galgano dimorava a Roma
per qualche giorno, tre uomini presi dall’invidia per la sua spada nella roccia,
andarono a Montesiepi muniti di attrezzi di ferro con l’intento di estrarla
dalla pietra.
Per quanta fatica ci mettessero, non
riuscirono a cacciarla, neanche con gli attrezzi, e, come ultimo gesto di
stizza, la ruppero e se ne andarono lasciandola a terra spezzata.
I tre allora fecero per tornare alle loro
case, ma la punizione di Dio li colse sulla strada del ritorno.
Il primo di essi cadde in un fiumiciattolo e
vi annegò; il secondo venne folgorato da un fulmine mentre camminava e il terzo
venne attaccato da un lupo che gli si avventò contro e gli si attaccò ad un
braccio; l’uomo, pentitosi di ciò che avevano fatto, chiese perdono
raccomandandosi al Beato Galgano e Dio lo risparmiò facendo fuggire il
lupo.
Galgano, tornando da Roma e trovando la spada
rotta, provò grandissimo dolore e pensò che fosse la punizione Divina per aver
lasciato il luogo mostratogli dall’Arcangelo.
Sicchè, volendo Iddio consolare la sua
tristezza, gli apparve tre volte in visione e gli disse di porre la spada rotta
sul pezzo che era rimasto fisso nella roccia e che la spada si sarebbe riunita
più saldamente di prima.
Così fece il Cavaliere di Dio, pose la parte
rotta sulla roccia e la spada si rinsaldò ed ancora oggi è lì, anche se ha
dovuto passare nel corso dei secoli parecchie peripezie.
Successivamente Galgano si costruì una cella
a mò di romito, nella quale di giorno e di notte vagava in digiuni, meditazioni,
orazioni e contemplazioni.
La cella era in legno e a pianta circolare,
come quella della visione e sorgeva esattamente dove oggi c’è quella circolare
ma in pietra.
Galgano contemplava in questa cella,
spogliatosi di ogni atto e cogito terreno.
I suoi pensieri erano rivolti al cielo e con
tristezza guardava alla vita materiale, così breve, così orgogliosa, così
fragile come l’uomo.
Viveva cibandosi di erbe, altro non
richiedeva il suo corpo.
Fino a quando nostro Signore decise di porre
fine alla sua vita sacrificata e lo accolse nel Regno Eterno dei Santi ancora in
giovane età.
Ecco cosa scrissero successivamente i suoi
frati:
“Visse el beato Galgano in questa heremitica
vita et conversione uno anno meno due dì; et fu sepolto con grande honore e
reverentia ne la detta sua cella, ove poi si fece una chiesa ritonda come
l'angelo gli aveva mostrato in visione, ne la quale continuamente gli miracoli
sono multiplicati. A laude e gloria del nostro Signore Gesù Cristo, lo quale
regna col suo Padre in secula seculorum. Amen”.
La Spada, ricostruzione storica
La Spada sembra corrispondere esattamente,
per quanto concerne lo stile, a una vera spada del XII secolo, e più esattamente
del tipo X.a della classificazione ormai universalmente accettata di Ewart
Oakeshott. Si tratta di uno dei massimi esperti di spade medievali, consulente
alle Royal Armouries di Leeds.
Sono stati ripercorsi gli avvenimenti che
hanno interessato la spada dal 1915 in poi, anche grazie a testimoni oculari
ancora in vita.
La Spada fino al 1924 circa era conficcata in
una fessura della roccia e poteva essere estratta al contrario di quanto
riportano le più antiche testimonianze tutte, di sicuro dev’essere accaduto
qualcosa alla Spada tra il 1750 ed il 1915.
La roccia era coperta da una sorta di grata
metallica.
L’allora parroco don Ciompi bloccò la lama
versando del piombo fuso nella fessura. La grata fu eliminata.
La spada fu però spezzata negli anni 60
durante un atto vandalico. Il moncone fu fissato sopra la parte di lama ancora
nella roccia applicando del cemento. Il cemento fu poi sostituito con altro di
colore adeguato.
La spada fu spezzata di nuovo nel 1991 da un
secondo vandalo, e ancora sistemata con cemento. Fu poi applicata l’attuale
cupola protettiva di plexiglas.
Le analisi scientifiche
Gli esami scientifici svolti sulla roccia
sono stati eseguiti dal Prof Luigi Garlaschelli, ricercatore del Dipartimento di
Chimica dell’Università di Pavia; per il coordinamento, e l’indagine agiografica
Maurizio Calì, sotto concessione di Don Vito Albergo, il responsabile della
Cappella e di S.E. l’Arcivescovo di Siena.
Dal 17 gennaio 2001 ha preso il via un vasto
programma di analisi sulla spada di San Galgano e sulla rotonda di Montesiepi di
Chiusino (SI).
Varie ricerche sono già state effettuate da
varie facoltà ed ultimamente anche da parte di “Focus”, celebre rivista
scientifica.
Sono stati adoperati i migliori mezzi
attualmente a disposizione, a cominciare dal geo-radar (un radar capace di
penetrare in grande profondità) al fine di esplorare il terreno vicino alla
pietra alla ricerca di grotte, cavità nel sottosuolo, antiche mura etc. Il
responsabile radar è il Prof. Finzi dell’Università di Padova.
Sono stati effettuati rigorosi test in questo
senso per accertarsi che la roccia non fosse cava lì dove fu infissa la spada
facilitandone quindi l’entrata, gli scettici teorizzavano anche che la spada in
realtà fosse senza lama e che quindi si avrebbe solo l’illusione ottica di una
spada piantata così in profondità in una roccia.
I risultati dei test sono ancora una volta
sbalorditivi, non solo la roccia non presenta alcuna cavità, ma la lama è
all’interno di essa e sembra aver passato la pietra come fosse burro caldo.
Il giorno 18 maggio 2001 si è proceduto a
un’ispezione del manufatto. Il tentativo eseguito era di praticare un piccolo
foro nella roccia sperando di raggiungere la cavità in cui si troverebbe la
lama, e il blocco di piombo che la tiene.
E’ stato infatti praticato un foro di circa
11 mm di diametro, corrente verticalmente e parallelamente a poca distanza dalla
posizione presunta della lama cementata.
Il Dott. Remo Vernillo (Facoltà di Medicina
dell’Università di Siena) ha spiegato come l’interno del foro sia stato
ispezionato con un endoscopio a fibre ottiche, e sulle difficoltà tecniche
dell’operazione. Non si è però incontrato altro che roccia.
Una piccola parte del cemento è stato allora
asportato dalla base della spada emergente, che è stata liberata e tolta. La
parte di lama sottostante era ancora invisibile.
Un secondo foro è stato praticato in
direzione obliqua rispetto al primo, incontrando dopo pochi centimetri una
superficie metallica visibile all’endoscopio.
Altro cemento è stato allora asportato,
mettendo a nudo alcuni centimetri della lama sottostante.
E’ stato verificato che gli orli della
frattura dei due pezzi combaciano, e si può quindi legittimamente ritenere che
la parte spezzata sia effettivamente parte della spada originale.
I due monconi sono successivamente stati
accostati e tenuti in posizione per motivi estetici, tramite un piccolo morsetto
metallico facilmente asportabile e che non danneggia in alcun modo il manufatto
in attesa di possibili ulteriori interventi.
Nel corso delle operazioni erano state
raccolte con un magnete alcune piccole scagliette, già staccate dalla parte di
lama cementata. Esse sono state inviate per un’analisi al microscopio
elettronico a scansione al Dipartimento Innovazione Meccanica e Gestionale,
Università di Padova, (Prof. Ramous) nella speranza di ottenere indicazioni
circa la struttura del metallo, i trattamenti subiti (tempera, ricottura, ecc) e
con l’intento di verificare, tra l’altro, se vi fossero elementi in contrasto
con la supposta origine medievale del manufatto stesso.
Purtroppo i frammenti non contenevano
metallo, ma erano costituiti da semplici ossidi di ferro e quindi non
utilizzabili ai fini della prevista analisi.
Uno di questi frammenti è stato comunque
analizzato per Spettroscopia di Assorbimento atomico presso il Dipartimento di
Chimica Generale dell’Università di Pavia (Prof. Gallorini e Rizzio),
evidenziando la presenza di cadmio, rame, nichel e piombo in tracce, in
concentrazioni tali da rientrare nella norma per un metallo medievale e da non
indicare utilizzo di leghe o acciai moderni.
Tra le indagini future, Garlaschelli ha
citato la possibilità di eseguire analisi per attivazione neutronica,
spettrometria di massa, confronto con minerali ferrosi toscani, analisi
metallografiche classiche e radiografie alla ricerca di iscrizioni nascoste,
nonchè l’asportazione della vernice protettiva applicata anni fa, in un’opera di
restauro generale.
Chiunque volesse partecipare a vario titolo a
questa ricerca può visitare il sito: Enigma Galgano
(http://web.infinito.it/utenti/e/enigmagalgano/).
Ecco una frase tratta dal sito ufficiale
della ricerca scientifica sul mistero di San Galgano:
“Mentre la Rotonda di Montesiepi ci riporta,
con la sua Spada nella Roccia, alla saga di Re Artu, la grande Abbazia ci
riserva, con la sua Geometria Sacra, altre sorprese sia "musicali" e sia
"egizie".
Forse i bravi monaci Cistercensi di San
Roberto di Molesme e di San Bernardo di Chiaravalle sapevano di più di quanto
hanno lasciato scritto”.
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