Perché Santi tra le mani

Vi siete mai trovati fra le mani un santino?
Naturalmente non quelli odierni, magari che conservava vs nonna?
Bene voglio farvi riflettere su un punto .
Quel santino è molto più di un "pezzo di carta".
Non rappresenta solo un immagine da coservare .
Immaginate solo per un momento perchè vi ritrovate quel santino, perchè qualcuno lo ha conservato gelosamente !
Perchè magari gli è stato donato da una persona cara, o solo perchè era devoto a quel santo.
*Ma la cosa affascinante è il ritrovare su alcuni di essi scritte in bella o brutta grafia, frasi di preghiera, di augurio, di ricordo o di dedizione o magari solo una firma o una data.
Per lo più a volte sono parole semplici o anche forbite poesie magari in rima . Quindi testimoniano una fede autentica e un epoca che è passata.*(frase del collezionista Mario Tasca)
Per non parlare poi della loro bellezza intrinseca santini fatti a mano, disegnati e colorati da mani leggere e esperte, da artisti per lo più ignoti che hanno creato piccoli capolavori .
In questo mio blog, oltre a presentare la mia collezione che potete visionare nella slide a destra settimanalmente, prenderò in esame un santino o un argomento che mi sta più a cuore cercando di darvi più notizie possibili.
Ovviamente si accettano commenti critiche suggerimenti e approvazioni.
Buona lettura!

FRASI CELEBRI

"Chi è
capace di creare immagini,
come e quando vuole,
non conosce la tristezza
della realtà quotidiana
e può dar libero sfogo
alla magia delle sue allucinazioni"
S.Dalì

Ogni grande opera d'arte ha due facce, una per il proprio tempo e una per il futuro, per l'eternità
Daniel Barenboim

Si usa uno specchio di vetro per guardare il viso e si usano le opere d'arte per guardare la propria anima.
George Bernard Shaw
Vivere nel mondo senza diventare consapevoli del suo significato è come aggirarsi in una grande biblioteca senza toccarne i libri.
[Manly P. Hall]
"Il SAPERE rende LIBERI è l'Ignoranza che rende PRIGIONIERI".
Socrate


PREFAZIONE
LA FILICONIOMANIA DI GIOVANNI BATTISTA BONDESAN

E' l'interesse per la cultura in generale, e la forte passione per un prezioso settore storico ed artistico purtroppo trascurato che a partire dal 2002 ha impegnato con fervore singolare Giovanni Battista in una rigorosa, approfondita e puntuale ricerca.
La quale non si è svolta in un ambito ristretto, ma via via si è estesa ai Santuari, alle Chiese, agli Archivi, alle Biblioteche, ecc. ecc. fino alle persone interessate e sensibili, da quelle colte e titolate alle più semplici, depositarie "spesso" di Immaginette devozionali, conservate gelosamente e ordinate per il gusto di collezionare e per il piacere di conservare il ricordo tramandato.
Si tratta a mio avviso di una "mania" encomiabile, che va molto apprezzata e sostenuta per un duplice motivo.
Il primo consiste nel fatto che Bondesan con le sue originali ricerche, sempre rigorosamente documentate, sta arricchendo con nuovi contributi questo significativo settore dimostrando tra l'altro, come l'arte "dei Pezzettini di Carta" non è "Minore" ma esprime con la più alta dignità l'evoluzione della cultura e l'intreccio tra la componente Cattolica Cristiana e l'influenza di impliciti elementi del Classicismo Greco e del Giudaismo sino a cogliere talvolta sottili implicanze con alcune espressioni della cultura Massonica.
Ritengo che siano soprattutto validi i suoi efficaci interventi chiarificatori sui significati della complessa ricca ed insieme misteriosa simbologia ricorrente.
Il secondo motivo, anche da lodare sta nella opportuna e instancabile divulgazione degli esiti via via acquisiti con le sue faticose ricerche e con studi approfonditi sia attraverso il dialogo con tutti coloro che si interessano di queste problematiche sia in occasione dei convegni che nei chiari e frequenti interventi sul Blog.
In conclusione auguro a Giovanni Battista di raccogliere finalmente tutte le soddisfazioni che merita, in quanto giovane studioso e che possa continuare ad arricchire con il suo esemplare entusiasmo.
Professor Vittoriano Caporale
Ordinario in quiescenza di Storia della Pedagogia Università di Bari e già Docente di Storia delle Tradizioni Popolari Università di Taranto sede distaccata di Bari.

Cerca nel blog

sabato 19 gennaio 2013

SANTINI IN VENDITA SU EBAY "SFRANGIATI E SEGHETTATI"




Riprendiamo la nostra consueta rubrica sulle Aste Ebay.
A un primo sguardo la  quantità e la qualità dei santini proposti in asta questa settimana sembra soddisfacente ma ovviamente non mancano le assurdità e gli strafalcioni di venditori improvvisati, ma entriamo subito nel merito, con i santini del venditore pva che ci propone una incisione fiamminga a a 190 euro di partenza, inutile dire che per quanto l'incisore sia uno tra i più ricercati (Van Merlen) la cifra richiesta iniziale per quanto mi riguarda sembra  particolarmente alta.
Ritengo che il valore sia notevolmente più basso (oltre la metà) per una questione puramente tecnica, mi spiego, la coloritura di queste incisioni è come potete constatare approssimativa (e questo lo potete notare nella stragrande maggioranza delle incisioni fiamminghe colorate di quel periodo) perchè la coloritura appunto veniva utilizzata per ricoprire le imperfezioni dell'incisione dovute all'usura della lastra ( a tal proposito potete visionare il post sui  martiri di Gorkum ).
In vendita vi sono anche dei stupendi Santini dei Fr.lli Koppe anche qui il prezzo iniziale è forse di una decina di euro inferiore, altre incisioni infine dei merlettati meccanici, nel complesso Santini di ottima qualità ma con un prezzo di partenza forse un pochino alto in generale proporli con qualche euro in meno sarebbero stati più appetibili. VOTO 8 per i Santini proposti VOTO 5 1/2 per i prezzi con qualche euro in meno avrebbe preso la sufficienza.
Ma ecco la prima delle assurdità in vendita del venditore PROFESSIONISTA  beverlyshoppingcenter di cui tra l'altro avevo già parlato  ci  RIpropone 
Madonna Santa MARIA DI PRATA (Prata Sannita) Cromolitografia Santino SAGDOS 
alla modica cifra di partenza di euro 120.
Inutile ogni commento in merito. VOTO 3
Interessanti le incisioni in vendita del venditore buonacaccia2012  ma anche qui forse la richieste di base andavano leggermente modificate a un prezzo di poco inferiore diciamo un 5-8 euro in meno. VOTO 7 per la qualita' VOTO 5 1/2 per i prezzi.
Ribeccato anche questo venditore luca9147 che ci RIpropone un santino cromolitografico a euro 29.
Anche in questo caso inutili i commenti . VOTO 3. 
Passiamo al venditore concetto48 con in vendita 6 interessanti incisioni in particolare
 INCISIONE '800  AUXILIUM CHRISTIANORUM - BELLISSIMA!!! a euro 26 di partenza anche in questo caso qualche euro in meno per rendere appetitose le aste.
Nel caso dell'incisione menzionata, 26 euro e non oltre, mi sembrano più che ragionevoli per l'acquisto. VOTO 7 qualità VOTO 6- prezzi
Serie di Santini Vallardi del venditore ansuz62 anche in questo caso ritengo che qualche euro in meno avrebbe giovato a rendere interessanti le aste. VOTO 6 per la qualità Voto 6- prezzi. 
Per chi ama i merlettati  troviamo mimm62  con numerosi santini merlettati  con un buon rapporto qualità prezzo . VOTO 8 qualità VOTO 8 prezzi 
Il Venditore sultana-it ci OFFRE alcune aste cumulative di santini ricordino anni 40 dai 15 ai 20 Euro inutile dire che i prezzi proposti sono fuori mercato.VOTO 3 
6 Bellissime litografie del Maestro Tipografo Napoletano Apicella messe all'asta dal Venditore papiro2012 ottimo il rapporto qualità prezzo VOTO 8 qualità VOTO 8 prezzo.
Serie di monocromo neri molto belli di stile gotico della casa editrice Sant Augustin (editore Desclèe) del Venditore  straniero collectoe-be. a 9 euro di partenza e serie di merlettati a euro 10,53, buono il rapporto qualità prezzo.
VOTO 8 qualità VOTO 8 prezzo.
Prezzi STRAMPALATI per il venditore bejart1 che vende un santino traforato ATTUALE a euro 12 di partenza e altri con prezzi fuori mercato. VOTO 3
Serie di santini attuali con prezzi fuori mercato  del venditore cesama2010  la cui PUNTA DI DIAMANTE è la vendita del santino così denominato:

santini egim serie seghettata 228 rarissimo 
CERTO se è SEGHETTATO è DAVVERO RARISSIMO!!! VOTO sotto/0 per l'ignoranza.
Venditore sigur0209  in linea di massima prezzi corretti per ciò che viene proposto. VOTO 5 1/2 qualità VOTO 6 prezzi.
A prescindere da ciò che viene offerto prezzi coerenti con quanto venduto venditore poseidonya12  interessanti due litografie francesi con inchiostro blu. al prezzo base di euro 4,30.
VOTO 6 qualità Voto 7 prezzi
Altro VENDITORE PROFESSIONALE verma7782 con una serie di santini in vendita il cui valore non supera gli euro 3 sul mecato anche lui con una PUNTA DI DIAMANTE:
 Santino " SACRA FAMIGLIA " a bordi sfrangiati a euro 4,99 di partenza.
Inutili commenti pari merito con l'altro VOTO SOTTO/0
E qui urge un ESORTAZIONE 
DOCUMENTATEVI!!!
Ultima menzione per il Venditore serifos81 che vista la qualità di cio che pone in asta è la  dimostrazione che molti venditori non conoscono ciò che vendono( o attenti!!  potrebbe essere asta truccata dove si gioca al rialzo con un altro finto acquirente) e che permettono a noi collezionisti di fare ogni tanto qualche affare Santino di Giovanni Meschini a euro 3 di partenza 3 giorni al termine con 2 offerte all'attivo potrebbe attestarsi tra i 6 ei 10 euro VOTO 3
In generale questa settimana il rapporto qualità prezzo è stato abbastanza soddisfacente ma solo grazie a quei pochi venditori COERENTI con molte immaginette in vendita per il resto solito ciarpame e ignoranza, complessivamente le vendite stiracchiano una sufficienza, ma siamo ancora lontani dall'onestà e dalla chiarezza nelle vendite, non si capisce del perchè non si debbano utilizzare i mezzi che Ebay mette a disposizione dei venditori e mi riferisco all'ingrandimento in fase iniziale e allo zoom, visto che non vengono inserite altre foto e le descrizioni lasciano molto a desiderare. 
Ma credete e qui mi rivolgo ai venditori, che questo stratagemma vi consente di vendere ciò che proponete?
Quindi invito i venditori a una maggior chiarezza poichè a volte non si comprende se  sia incompetenza o furbizia, e ricordatevi la parola ONESTA'.
Ricordo a tutti Venditori e non che se tale post vi ha creato qualche FASTIDIO rileggetevi pure il seguente POST Egr. Sig. Venditori
E ricordate io ci metto la FACCIA!
Giovanni Battista Bondesan







martedì 15 gennaio 2013

SANTA BARBARA LA SACERDOTESSA VESTALE


Autore: Ghisi Giorgio (1520/ 1582), incisore Cronologia: 1578 - 1579 
 tecnica: bulino  Misure: 183 mm x 270 mm 
Proseguiamo la nostra ricerca sulla vita dei Santi "Pagani" con Santa Barbara.
Il Martirologo Romano narra che nacque nel 273 d.C (morta nel 306 circa). in Asia Minore, in quella che è l'attuale İzmit, porto della Turchia, a quei tempi Nicomedia, per poi trasferirsi a Scandriglia, in provincia di Rieti.
La leggenda vuole che suo padre Dioscoro, di religione pagana, l'avesse rinchiusa in una torre per proteggerla dai suoi pretendenti. 
Inoltre, per evitare che utilizzasse le terme pubbliche, egli gliene fece costruire di private. 
Barbara, vedendo che nel progetto vi erano solamente due finestre, ordinò ai costruttori di aggiungerne una terza, con l'intenzione di richiamare il concetto di Trinità. 
Quando il padre vide la modifica alla costruzione intuì che la figlia poteva esser diventata cristiana.
La madre di Barbara aveva già abbracciato segretamente la religione cristiana, finendo col rivelare il suo segreto alla figlia. 
Questa, dopo aver sentito alcune delle preghiere, percepì Gesù all'interno del suo cuore e diventò così cristiana; coinvolse nella sua nuova passione anche la sua amica Giuliana, convincendola a convertirsi e a pregare insieme a lei.
Il padre decise allora di denunciare sua figlia al magistrato romano che, in quei tempi di persecuzione, la condannò alla decapitazione prescrivendo che la sentenza venisse eseguita proprio dal genitore dopo due giorni di feroci torture. 
Queste iniziarono con una flagellazione con verghe, che secondo la leggenda si tramutarono in piume di pavone e per questo motivo spesso nella sua iconografia la santa è raffigurata tenendo in mano delle lunghe piume, quindi venne torturata col fuoco ed ebbe le mammelle tagliate e quindi decapitata. 
Era il 4 dicembre dell'anno 306. 
Secondo la leggenda, Dioscoro procedette all'esecuzione, ma subito dopo venne ucciso da un fulmine, interpretato come punizione divina per il suo gesto.
Santa Barbara fu martirizzata insieme alla sua amica Giuliana.
Per poter analizzare al meglio la figura della Santa dobbiamo inquadrare il periodo storico in cui è vissuta.
Nasce durante il periodo dell'imperatore Aureliano che appunto nel 273 (anno di presunta nascita della Santa) dà vita alla nona persecuzione della storia dei Cristiani.
Muore nel 306 si presume ad opera delle persecuzioni operate dell'imperatore Diocleziano in Occidente dal 303 al 306 dopo Cristo.
Se ci soffermassimo solo ed esclusivamente a considerare le presunte date di nascita e di morte non avremmo nessuna difficoltà nell'asserire (dopo averne letto la vita) che tale santa possa plausibilmente essere esistita in quel periodo, purtroppo però non esistono riscontri storici oltre naturalmente al Martirologo Romano la cui prima edizione ricordo risale al XVI secolo 
Ma è appunto leggendo la storia della sua vita che incontriamo dei particolari che possono indurci a  pensare a 4 ipotesi; 
che possa essere una storia di pura fantasia o che si faccia riferimento non al martirio di una Cristiana ma alla probabile uccisione di una Vestale  in un periodo antecedente a quello menzionato, poichè infranse le regole, o successiva e quindi una Vestale uccisa dalle persecuzioni che operarono i  Cristiani verso i pagani dopo il 311 d.c..( con l'editto di Nicomedia Costantino concede libertà di culto ai Cristiani) o più semplicemente (e per me molto più probabile) un padre che uccide la figlia perchè non voleva sposarsi poichè fedele alla Dea Vesta.
Prima di continuare nella nostra analisi si deve comprendere chi erano le Vestali e la Dea Vesta.
Compreso ciò partiamo dalla data in cui si festeggia la Santa il 4 dicembre e scopriamo che anticamente i popoli laziali festeggiavano in quel giorno la Bona Dea che successivamente venne sostituita dalla Dea Greca Vesta.
Un particolare colpisce nella storia della leggenda della Bona Dea che fu frustata con delle verghe  e lo stesso supplizio lo troviamo anche nella passio di Santa Barbara. 
Altro significativo particolare che incontriamo nella Leggenda  è il Padre Dioscoro che si afferma fosse pagano senza però fare nessun riferimento a quale Dio adorasse, ma è comunque lo stesso nome a svelarcelo.
I  DIOSCURI altri non erano che Càstore (in greco Κάστωρ, -ορος, in latino Castōr, -ŏris) e Pollùce o Polideuce (in greco Πολυδεύκης, -ου, in latino Pollūx, -ūcis) personaggi della mitologia greca e romana, figli gemelli di Zeus e di Leda, conosciuti appunto come i Dioscùri, ossia "figli di Zeus", di Giove per i romani ma anche come Càstori.
Zeus cioè Giove e Vesta erano fratello e sorella nati da madri diverse ma dallo stesso padre  il Dio Kronos cioè Saturno che fu spodestato dal trono dell'Olimpo dallo stesso Giove.
Sempre nella Passio si fa riferimento ad una Torre e a 3 finestre tale simbolismo potrebbe   richiamare il Tempio o la casa delle Vestali infatti si parla della costruzione di terme all'interno della Torre difatti nella casa delle vestali vicino le stanze dove alloggiavano le sacerdotesse erano presenti anche numerosi bagni riscaldati da bocche di stufe ricavate nelle intercapedini dei muri.  
Mentre le tre finestre rappresentano non la trinità cristiana ma la trinità pagana Giove Giunone Minerva. 
Continuando nella lettura della Passio si racconta che il Padre Dioscoro dopo aver decapitato la Figlia venne ucciso da un fulmine.
Nell'antichità gli uomini pensavano che i fulmini fossero armi degli dei, anche a causa degli effetti della loro potenza...alberi che si squarciavano prendendo fuoco...rocce che esplodevano e nei casi più nefasti persone che rimanevano uccise. 
Per i Greci i fulmini erano impugnati e lanciati dal potente Zeus, il padre di tutti gli dei, a capo del Monte Olimpo. 
La saetta era un simbolo di immenso potere, e veniva associato anche alla fertilità visto che spesso il fulmine si accompagna alla pioggia che nutre i raccolti. 


Nella Bibbia il fulmine accompagna l'apparizione di Dio nell'Esodo...a simboleggiare la luce della verità
Ultimo particolare che confermerebbe la provenienza della Passio da una Leggenda Pagana è il luogo di morte della Santa, Scandriglia paese vicino Rieti ai piedi dei Monti Lucretili e precisamente di Cima dei Coppi.
Sulla cima di questo monte in antichità era praticato il culto di Giove come attesta un epigrafe rinvenuta sulla cima nel 1767 dedicata appunto al Dio dei Fulmini.
Per spiegare la provenienza pagana di questa Santa ci viene in aiuto anche la sua iconografia che metteremo a confronto con quella delle Sacerdotesse e della Dea Vesta.
Innanzi tutto come venivano rappresentate  quali vesti indossavano queste sacerdotesse?
Da scritti dell'epoca e da statue ritrovate negli scavi avvenuti nellla casa delle Vestali che si trova adiacente al Tempio di Vesta all’interno del Foro Romano, vicino alla Regia e all’arco del Divo Augusto, sappiamo che l’abbigliamento delle sacerdotesse si componeva di una tunica, una sopravveste (stola) e un mantello (pallium o palla), di lana bianca. 
Un velo (suffibulum) tenuto da una spilla (fibula) ricopriva loro il capo quasi interamente, lasciando scoperta soltanto la fronte e l'attaccatura dei capelli il velo era fermato sul capo da un diadema. 
Di sotto all'orlo anteriore del suffibulum, appariva la capigliatura, divisa, secondo la rituale prescrizione, in sei trecce (crines), non di capelli propri, ma di posticci, cui si attorcigliavano nastri di lana rossa. 
Le Vestali portavano questa acconciatura durante tutta la vita.
Mentre la  Dea Vesta veniva solitamente rappresentata con un bastone in mano un'arbor felix (che le Vestali utilizzavano per l'accensione del Sacro Fuoco tramite lo sfregamento tali pezzi di legno, erano di quercia,  leccio,  sughero e di faggio o, secondo quanto scrive Plutarco, con la rifrazione dei raggi solari utilizzando un vaso conico di rame, detto scaphium) e una  Patera, bassa e larga tazza, senza piedi né anse, usata dai Romani soprattutto per le libagioni nei sacrifici, e corrispondente alla greca phiále. 
Era solitamente di metallo, anche prezioso, e aveva spesso un rilievo al centro (patera umbilicata, in greco phiále mesómphalos) per facilitarne la presa, tale tazza veniva utilizzata per preparare la Mola Salsa  una focaccia di farro, salata in superficie. 
La sua preparazione, esclusivamente concessa alle Vestali, seguiva un rituale particolarmente rigoroso.
Il farro doveva essere raccolto, a giorni alterni, nel periodo compreso tra le none e le idi di maius (dal 7 al 15 maggio), mese sacro alla dea Maia, protettrice dei raccolti e della vegetazione. 
Il raccolto era portato alla Casa delle Vestali, le quali provvedevano a sgranare le spighe, tostare i grani e macinarli finemente.
La farina così ottenuta, veniva impastata con acqua di fonte perenne e formata in tondi schiacciati da cuocere nel forno del Tempio di Vesta.
Ora grazie ai nostri santini possiamo confrontare quanto detto sinora con l'immagine della Santa.
Prendendo ad esempio in esame il Santino della Egim: 

riscontriamo come venga rispettata l'iconografia così come ci viene descritta nella Passio che ricordo fu scritta nel XVI secolo quindi utilizzando uno stile che risulta essere tipicamente medioevale, lo si intuisce dal castello con torre sullo sfondo, dalla corona sul capo la spada e il mantello.
Benchè come detto lo stile sia medioevale la tunica bianca, la spilla che mantiene il mantello e la stessa corona, ricordano l'abbigliamento delle Vestali. 
















Ma è con le seguenti due incisioni che riscontriamo simboli effettivamente riconducibili alle Vestali e al culto della Dea Vesta.
In questa incisione  a bulino dell'incisore fiammingo di Anversa Jacobus de Man (1650-1719). 
Misure: 8,5 x 11
Anche se mantiene gli attributi della santa palma del martirio e spada, come possiamo notare quest'ultima ha l'elsa coperta dalla mano quasi da sembrare più un bastone che una spada, i capelli risultano raccolti a ricordare le capigliature posticce delle Vestali e da cui parte un nastro svolazzante anch'esso a ricordare i nastri che le sacerdotesse portavano tra i capelli.
La fibula che chiude il mantello è sulla spalla e la santa risulta essere in una posa discinta con la spalla destra scoperta forse a richiamare un ulteriore prerogativa che avevano le vestali di cui parleremo più avanti.






In questa seconda incisione sempre di origini fiamminghe con coloritura a mano dello stesso periodo della precedente, anche in questo caso è presente il nastro tra i capelli mentre nella mano destra sorregge il calice con l'ostia che risulta essere la trasposizione in chiave cristiana della Patera di cui abbiamo parlato prima.
Si noti che l'ambientazione a differenza della precedente è all'aperto in un campo arato riferimento probabilmente alle coltivazioni di farro utilizzato come farina per la creazione di focacce di forma tonda in cui appunto veniva utilizzata la patera.














Come abbiamo potuto constatare è bastato analizzare la leggenda e alcuni santini per appurare che probabilmente (il probabile è d'obbligo anche perchè sono mie deduzioni) la Santa non è mai esistita e si tratta solo di una trasposizione di una leggenda pagana ma volendo dare una maggiore consistenza a queste mie deduzioni, così come ho fatto in precedenza andiamo a vedere l'etimologia del nome Barbara.
Il nome deriva dal greco βάρβαρος (bàrbaros), voce onomatopeica che significa "balbuziente", "che non sa parlare", riferito ai popoli non greci, e successivamente, per estensione, "straniero", "barbaro"

Tenendo a mente l'etimologia, quindi, risulta analogo per significato a Balbina e Biagio e da cui deriverebbe anche il nome berbero, che a sua volta riproduce la parola araba barbar, che probabilmente non fa che continuare la parola greco-romana barbaro (che designava chi non parlava il latino o il greco).
Si veda per esempio Sallustio, nel suo Bellum Iugurthinum in cui la lingua dei Libi è definita "barbara lingua".
A questo punto  traduciamo il nome BARBARA in Greco Ebraico e Arabo così da ottenere:
BARBARA
β ά ρ β α ρ ο ς (barbaros)
ב א ר ב א  ר  ע ש
BARBARAS
Accorpando le lettere ebraiche in maniera opportuna otterremo le seguenti frasi:
בא ר בא ר עש1
Venite a vedere vieni a vedere Falena
בא רבאר עש2

Era Falena barbaro
בארבא ר עש3

Marinaio vedere Falena
בא רבא רעש4
Il rumore è stato grande

בא ר באר עש5
Vieni a vedere Falena Birra
Urge ovviamente fare una precisazione Google Translate permette di ottenere traduzioni automatiche, prodotte prevalentemente tramite un algoritmo di analisi statistica, di un testo, che vengono copiati e incollati nell’interfaccia di Google Translator Toolkit.
Si ottiene così una traduzione di base, che può essere successivamente modificata.
Mentre se traduciamo questa volta dall'ebraico in arabo otteremo le seguenti frasi (sempre nella stessa sequenza):
تعال وانظر يأتوا ويروا العث1
Venite a vedere, vieni a vedere la falena
كان فراشة الوحشية2
Era falena brutale

قائد البرج نرى العث3
Comandante della torre per vedere le falene
كان ضجيج كبير4
Era un gran rumore
تعال وانظر فراشة البيرة5
Birra falena
Come si può ben capire il fattore comune di queste traduzioni è la FALENA  ( עש  , لعث  ) che simbolicamente ha valore di trasformazione  di  ricerca della luce ma rappresenta anche il fuoco e di conseguenza il Dio Pagano, la prima frase è quasi un esortazione a contemplare e adorare, la seconda fa riferimento a un Dio Straniero, barbaro e brutale.
Nella terza frase nella traduzione ebraica si fa riferimento ai marinai che per seguire la rotta durante la notte guardavano il cielo ,guarda caso il pianeta saturno si trova nella costellazione della Vergine.
Nella traduzione araba invece molto probabilmente il comandante della Torre rappresenta il Gran Sacerdote/ssa del Tempio.
La quarta frase fa invece riferimento al fragoroso rumore del fulmine, mentre nell'ultima frase è presente la parola Birra.
Nei festeggiamenti alla Dea oltre a preparare come si è visto delle focacce a base di farina di farro veniva prodotto anche una speciale bevanda simile alla odierna birra  che si otteneva dalla fermentazione del farro.
In conclusione tali traduzioni ci confermerebbero che la Santa e lo stesso racconto altro non sono che una trasposizione di una leggenda più antica legata al culto pagano della Dea Vesta.
Nei vari siti archeologici e in scritti risalenti all'epoca romana  sono stati trovati riferimenti a Vestali e ai loro nomi e in alcuni casi si è riusciti a ricostruire parte della loro vita ma non vi è traccia di Vestali con nome Barbara anche perchè vista la sua etimologia penso possa essere stato utilizzato come nome solo in epoca più tarda, inoltre se si pensa che il termine arabo BARBAR  che indicava colui che era straniero, se vi aggiungiamo la parola RAS che in arabo significa CAPO avremo:
BARBAR-RAS 
quindi una parola che indicava nel mondo arabo il CAPO o il comandante di Popolazioni  o truppe straniere.
In alcuni scritti arrivati sino a noi di Plinio il Giovane (61 - 113 Dopo Cristo) si fa riferimento a una vestale di nome Giunia che potrebbe forse essere l'amica Giuliana di cui si parla nella Leggenda di Santa Barbara che fu anche lei Martirizzata. 
Plinio saluta Prisco:
Sono preoccupato per la salute di Fannia.
E' venuta giù con la sua malattia, quando stava allattando la Vestale Giunia, che faceva originariamente da sola...
In conclusione di Post c'è da fare un ultima considerazione, nell'analizzare l'incisione del fiammingo De Man abbiamo potuto constatare come l'immagine della Santa sia molto particolare.
Dobbiamo considerare che il pittore o l'incisore che creava un'opera d'arte dava a questa un significato e il suo significato nella maggior parte dei casi era nascosto, così da far diventare l'opera un simbolo che era compresa solo a chi era indirizzata.
Nell'opera del De Man la figura della "Santa" è collocata all'interno di un ambiente dove l'unico contatto con il mondo esterno è una finestra mentre la porta risulta chiusa con in bella evidenza la serratura, quindi questa figura femminile è all'interno di "un suo mondo" diverso da quello esterno di cui solo lei possiede la Chiave.  
la porta rappresenta la separazione o la comunicazione tra i due ambiti, non solo come identificazione dello spazio fisico che delimita l’esterno dall’interno o viceversa, ma anche come passaggio tra due livelli: il noto e l’ignoto, il profano e il sacro.
Come la porta definisce il limite tra il mondo estraneo e quello domestico di una normale abitazione, così la porta di un tempio identifica il passaggio tra il mondo profano e quello sacro. 

La figura della "Santa" è in una posa discinta il viso non è estatico e non rivolto verso l'alto come in quello del santino della Egim ma è laterale quasi di pudicizia come quando una donna sa di essere ammirata per le sue "Grazie".
Il nastro tra i capelli e svolazzante indice di animo leggiadro, al collo una collana di perle.
Un’antica leggenda araba racconta che le perle sono gocce di luna cadute nel mare per adornare la bellezza femminile. 
Salomone sentenziava che ” una donna perfetta chi potrà trovarla? 
Ben superiore alle perle è il suo valore.” 
Presso gli antichi greci, la perla era il gioiello di Afrodite e in quanto tale simbolo d’amore.
La veste  e il mantello che cade  a sinistra colme di pieghe come se fluttuasse nell'aria ad indicare la leggiadria e la bellezza di chi li indossa.
La spalla è scoperta, indica che è stata mandata, ha camminato e ha compiuto la sua missione.
Le Vestali terminavano la loro missione di Sacerdotesse a 30 anni ma potevano decidere di rimanere Vestali, ed è sintomatico che il martirio della "Santa" avviene intorno ai 33 anni.
Perchè ha questa immagine discinta, lo studioso Robert Graves asserisce che le Vestali erano Sacerdotesse -Prostitute le quali partecipavano a orge rituali per mettere al mondo una progenie tra cui si sarebbe scelto il futuro re di Roma, si tenga in oltre presente che le sacerdotesse veneravano il Fallo di Marte che si trovava in una stanza all'interno del Tempio di Vesta.
Sempre secondo Graves  la Legge che obbligava alla verginità fu introdotta dal re Tarquinio il Superbo nel IV secolo Avanti Cristo, questo comunque non fece perdere alle Vestali il Rango di Sacerdotesse - Prostitute.
Infine a conclusione quello che sto per dirvi farà storcere il naso a qualcuno ma non me ne vogliate, questo è quello che risulta dalla traduzione. 
Prendiamo la parola VESTALE e  traduciamola in Ebraico così da ottenere:
בהשתאלה
Accorpiamo così da formare due parole distinte:
בהשת  אלה
Tali parole tradotte danno la frase:
TRATTA  ANALE
Questa frase Spiega evidentemente la natura della loro funzione sacerdotale.

mercoledì 9 gennaio 2013

STORIA E INCISIONI DELLA VERGINE LAURETANA


Eccovi due splendide incisioni attualmente in vendita su EBay della Madonna di Loreto, non starò qui a disquisire sul loro prezzo ma colgo l'occasione per parlare della sua storia che forse molti non conoscono e per farvi vedere e apprezzare altre  incisioni simili.
Forse non tutti sanno che, la prima immagine venerata della Vergine Lauretana non era una statua ma un dipinto su tavola di origine bizantina se ne trova notizia su alcuni fogli pertinenti al cosiddetto Chartularium Culisanense, che è stato definito come il «codice diplomatico dell'Ordine Costantiniano Angelico Originario, sotto il titolo della Santa Sapienza, detto pure di Santa Sofia». 
Tale cartulario, che in origine avrebbe contenuto documenti di diversa natura datati a partire dal secolo XIII, assunse la denominazione di "culisanense" perché un tempo conservato nel palazzo della famiglia De Angelis nella cittadina di Collesano, in provincia di Palermo
Di questo cartulario, oggi dato per perduto, si hanno notizie risalenti soltanto al XIX secolo.
A partire dalla loro riscoperta questi fogli, a motivo del loro contenuto, giocarono un importante ruolo all'interno della storiografia dedicata a Montevergine, alla Santa Sindone di Torino e alla Santa Casa di Loreto difatti nel foglio 181 in cui non è riportata nessuna datazione così si legge: «Il signore Filippo riceve dal signore Niceforo queste cose a titolo di dote per la sposa Margherita». 
Da ciò si deduce che il documento rimanda al settembre del 1294, occasione del matrimonio tra Filippo di Taranto, quartogenito del re di Napoli Carlo II d'Angiò, ed Ithamar o Margherita d'Epiro, figlia del despota Niceforo I Comneno Ducas. 
Si configura come un elenco, un attestato di ricevuta di 52 beni preziosi portati in dote. 
Al primo punto è enumerato un ornamento aureo del capo, al secondo le «pietre sante portate via dalla casa di nostra Signora la Vergine Madre di Dio». 
Questo documento dunque proverebbe che le pietre della Santa Casa di Loreto non furono trasportate dagli angeli del cielo, come dice la leggenda, bensì da una famiglia che aveva "Angeli" come cognome. 
Unito ad altre fonti divulgate tra la fine dell'ottocento e gli inizi del novecento, questo elenco tratto dal chartularium Culisanense è servito ad avvalorare la teoria di questa ipotetica traslazione dalla Palestina a Loreto. 
Alcune monete bizantine ritrovate nel sottosuolo della Santa Casa confermerebbero il contatto tra il mondo greco e questo santuario che sorge nella provincia di Ancona.
Fondata è l'ipotesi che insieme alle pietre della Casa di Maria vi fosse anche un dipinto su tavola, tale immagine viene menzionata dai pellegrini sin dal 1528, probabilmente andata persa o forse rubata durante i lavori di restauro del soffitto e dell'altare avvenuti nel 1530.
Al suo posto fu collocata una Statua trecentesca che in precedenza era in una nicchia sopra la porticina orientale detta dei Custodi.
Quest'ultima andò distrutta nell'incendio scoppiato nella Santa Casa nella notte tra il 22 e il 23 febbraio del 1921.
L'allora pontefice Pio XI ne fece scolpire un 'altra con il tronco di un cedro del Libano cresciuto nei Giardini Vaticani fu modellata dallo scultore Enrico Quattrini e dipinta da Leopoldo Celani che dipinse il volto con un colore piu scuro non corrispondente all'originale. 
Eccovi ora insieme alle due le altre 4 incisioni in ordine cronologico
Xilografia incisione su legno datazione sicuramente antecedente al XVIII secolo
(tratto da  Catalogue)

























Incisione su carta vergata datato 1763
(tratto da Museo duomo Fidenza)



















Incisione del Collezionista Domenico Vella datata 9 maggio 1839.
tratta da Facebook
incisione datata 13 ottobre 1855
tratto da


















Stupenda incisione datata 7 giugno 1857
tratta da EBAY




















Curiosità si noti come nelle due incisioni la prima datata 1855 e la seconda 1857 la firma del CUSTODE sia identica.
incisione datata 8 marzo 1874
Tratta da EBAY

venerdì 4 gennaio 2013

SAN CALOGERO لتخفيف حرس الحدود (AL AGI HARAS)

Così come abbiamo fatto per il post su San Biagio quest'oggi prenderemo in esame il santino della EGIM numero 29 che raffigura San Calogero.
Secondo la tradizione, giacché mancano documentazioni certe, Calogero nacque verso il 466 a Calcedonia sul Bosforo, una cittadina dell’antica Tracia, che nel 46 d.C. divenne provincia romana e che poi seguì le sorti dell’impero bizantino; fin da bambino digiunava, pregava e studiava la Sacra Scrittura e secondo gli ‘Atti’ presi dall’antico Breviario siculo-gallicano, in uso in Sicilia dal IX secolo fino al XVI, egli giunse a Roma in pellegrinaggio, ricevendo dal papa Felice III (483-492), il permesso di vivere in solitudine in un luogo imprecisato.
Qui egli ebbe una visione angelica o un’ispirazione celeste, che gli indicava di evangelizzare la Sicilia; tornato dal papa ottenne l’autorizzazione di recarsi nell’isola, con i compagni Filippo, Onofrio e Archileone, per liberare quel popolo dai demoni e dall’adorazione degli dei pagani.
Mentre Filippo si recò ad Agira e Onofrio e Archileone si diressero a Paternò, Calogero si fermò durante il viaggio a Lipari, nelle Isole Eolie, dove su invito degli abitanti si trattenne per qualche anno, predicando il Vangelo ed insegnando loro come ricevere i benefici per i loro malanni, utilizzando le acque termali e stufe vaporose; ancora oggi un’importante sorgente termale porta il suo nome, come pure le grotte dai vapori benefici.
Durante la sua permanenza nell’isola di Lipari, ebbe anche la visione della morte del re Teodorico († 526) che negli ultimi anni aveva preso a perseguitare quei latini che riteneva un pericolo per il suo regno, fra i quali furono vittime il filosofo Boezio (480-524) suo consigliere, il patrizio romano capo del Senato, Simmaco († 524) e il papa Giovanni I († 526).
Ciò è riportato nei ‘Dialoghi’ del papa s. Gregorio I Magno, la visione si era avverata nell’esatto giorno ed ora della morte del re, e Calogero vide la sua anima scaraventata nel cratere del vicino Vulcano.
In seguito ad altra visione, Calogero lasciò Lipari per sbarcare in Sicilia a Syac (Sciacca), chiamata dai romani ‘Thermae’ per i bagni termali, presso i quali sorgeva; convertì gli abitanti e poi decise di cacciare per sempre “le potenze infernali” che regnavano sul vicino monte Kronios, consacrato al dio greco Kronos, che per i romani era il dio Saturno.
Sul monte Giummariaro, altro nome derivante dagli arabi che lo chiamarono monte “delle Giummare”, dalle palme nane che crescevano sui suoi fianchi e che poi prese il nome di Monte San Calogero, come oggi è conosciuto insieme al nome Cronio, il santo eremita prese ad abitare in grotte e spelonche e intimò ai demoni di lasciare quei luoghi.
Gli ‘Atti’ dicono che il monte sussultò fra il fragore di urla e poi tutto si quietò in una pace di paradiso; Calogero si sistemò in una grotta adiacente a quelle vaporose, che come a Lipari, anche qui esistono abbondanti.
In detta grotta vi è murata sulla roccia, l’immagine in maiolica di s. Calogero, posta sopra un rustico altare, che si dice costruito da lui stesso; l’immagine è del 1545 e rappresenta l’eremita con la barba che tiene nella mano destra un libro e un ramo-bastone, ai suoi piedi vi è un fedele inginocchiato e una cerbiatta accasciata e ferita da una freccia.
L’immagine si rifà ad un episodio degli ultimi suoi giorni, essendo ormai ultranovantenne, egli non riusciva più a cibarsi, per cui Dio gli mandò una cerva, che con il suo delicato latte lo alimentava; un giorno un cacciatore di nome Siero, scorgendo l’animale, prese l’arco e trafisse con una freccia la cerva, la quale riuscì a trascinarsi all’interno della grotta di Calogero, morendo fra le sue braccia.
Il cacciatore pentito e piangente, riconobbe nel vegliardo colui che l’aveva battezzato anni prima, chiese perdono e Calogero lo portò nella vicina grotta vaporosa, dandogli istruzioni per le proprietà curative di quel vapore e delle acque che sgorgavano da quel monte.
Il cacciatore Siero, divenuto suo discepolo, salì spesso sul monte a visitarlo, ma 40 giorni dopo l’uccisione della cerva, trovò il vecchio eremita morto, ancora in ginocchio davanti all’altare; secondo la tradizione era morto nella grotta fra il 17 e il 18 giugno 561 ed era vissuto in quel luogo per 35 anni.
Diffusasi la notizia accorsero gli abitanti delle cittadine vicine, che lo seppellirono nella grotta stessa, poi trasferito in altra caverna di cui si è persa la memoria lungo i secoli.
Nel IX secolo un monaco che si firmava Sergio Cronista, cioè abitante del monte Cronios o Kronios, compose in lingua greca alcuni inni in suo onore, in cui veniva citato che s. Calogero non era approdato a Sciacca come si riteneva, ma a Lilybeo, l’odierna Marsala, senza indicare dove fosse morto, ma sollecitando a visitare e onorare la grotta in cui il santo era vissuto, scacciando i demoni e operando tante guarigioni di ammalati.
Uno studioso contemporaneo Francesco Terrizzi, sostiene che s. Calogero, perduti i compagni martirizzati dai Vandali, si recò dapprima a Palermo passando poi per Salemi, Termini Imerese, Fragalà, Lipari, Lentini, Agrigento, Naro e infine Sciacca; si spiegherebbe così le tante tradizioni e le diverse grotte abitate e attribuite ad un unico e medesimo santo.
C’è da aggiungere che le reliquie del santo, secondo un’altra tradizione, erano state successivamente trasferite in un monastero a tre km dalla grotta, nel 1490 furono traslate a Fragalà (Messina) dal monaco basiliano Urbano da Naso e poi nell’800 a Frazzanò (Messina), nella chiesa parrocchiale; qualche sua reliquia è custodita anche nel santuario di San Calogero, sorto vicino alla sua grotta sull’omonimo monte di Sciacca nel XVII secolo e che è meta di pellegrinaggi.
Ad ogni modo s. Calogero è veneratissimo in tutta la Sicilia e in tutte le città sopra citate è onorato con suggestive processioni e celebrazioni, tipiche della religiosità intensa dei siciliani, quasi tutte si svolgono nel giorno della sua festa il 18 giugno.
(tratto da www.santiebeati.it).
CALOGERO deriva dal latino Calogerus, a sua volta dal greco Καλόγερος (Kalògheros), composto da καλος (kalos, "bello") e da γερων (geron, "uomo anziano"), e significa quindi bel vecchio.
Alcune interpretazioni, invece, indicano il secondo elemento con kéros, "corno", col significato complessivo di "bel corno".
Storicamente, in ambito greco-ortodosso, questo termine veniva utilizzato come appellativo per i monaci e gli eremiti, secondo un uso che, in buona sostanza, si conserva ancora in greco moderno: καλόγερος, in effetti, è un vocabolo comune nella lingua neogreca e traduce termini quali frate o monaco.
(tratto da Wikipedia)
Tale spiegazione tratta da Wikipedia  sull'origine del nome non mi trova concorde in quanto vi è un errore di fondo e ora vi spiego perchè;  in Greco antico il nome CALOGERO viene scritto: Καλογηερος e si pronuncia e si scrive KALOGHEROS, come viene anche indicato tra parentesi ma ci si dimentica di inserire la lettera greca   η eta nella trscrizione in greco il che fa assumere tutto un altro significato rispetto a quanto sopra descritto. 
C A L O G E R O
Κ  α λ  ο  γ  η ε  ρ  ο  ς
K A L O G H E R O S
Eliminando la H (η)otteniamo così
Καλογερος cioè
MONACO
Quindi il nome Calogero deriverebbe da Monaco, ma questo è ancora insufficiente per spiegare la provenienza di tale nome.
Se Scomponiamo  e aggiungiamo la lettera μ otterremo una frase di senso compiuto:
Καλο     γη     μ ε ρ ο ς  e cioè parte di terra buona
BUONA     TERRA      PARTE
 In greco antico γη "Γῆ" (Ghè) significa «terra»:

infatti Gea, madre di tutti gli dei dell'Olimpo, dea della fertilità e della natura che veniva identificata con la Terra stessa, nella mitologia greca era chiamata anche Gaia.

Inoltre la parola greca "γαίω" (gaio) significa «gioire» e ha la stessa radice del verbo "γάνυμαι" (ganumai) che significa «brillare di gioia, essere felice o raggiante, esultare».


Oltremodo sembra alquanto forzata l'indicazione che vede far derivare la seconda parte del nome cioè  ερος da γερων  cambiandone completamente significato mentre molto probabilmente deriva da:

μέρος
che sta per l'italiano PARTE (DI PARTE, PARZIALE) mentre sostituendo la vocale O (omicron) con ω (omega) ed eliminando  la μ(la nostra M) avremo una parola con un significato  completamente diverso e cioè EROS "AMORE" in definitiva  il nome CALOGERO deriverebbe dalla frase come avete potuto già leggere


Καλο γη  μέρος  e cioè parte di terra buona

Se oltremodo aggiungiamo una ι (iota)   al termine Καλο il cui significato è BUONO  si ottiene la parola CALLI così da ottenere la frase:
Καλοι  γη μερος calli  terra parte A questo punto si comprende come il nome derivi non da BEL VECCHIO che ne indica le fattezze ma dal luogo di provenienza. Difatti se ripercorriamo la storia della Passio di San Calogero si fa riferimento alle terre vulcaniche di Lipari e Sciacca che  in quell'epoca, parliamo del I° secolo, erano viste dalle  popolazioni di quei  luoghi  le porte dell'inferno o il regno degli Dei come  SATURNO.

Ora tale spiegazione potrebbe non convincere del tutto e allora  basterà tradurre CALOGERO dal greco in ebraico così da ottenere:
Κ  α    λ   ο   γ   η   ε   ρ   ο   ς   

כ א  ל  ע  ג  ח  ה  ר  ע  ש
 accorpando le lettere in maniera opportuna leggeremo  la seguente frase
כ אלע גח הר עש
A proposito di immersioni al monte FALENA
Il Monte FALENA altri non è che il Monte KRONIOS vicino Sciacca (ricordate il termine FALENA lo abbiamo incontrato parlando di San Biagio e simbolicamente raffigurava il Dio Saturno).
Se ancora non siamo convinti a questo punto traduciamo dall'ebraico in Lingua ARABA così da ottenere
لتخفيف حرس الحدود

FALENA SULLA PUNTA DEL MONTE Ora se sostituiamo le lettere ARABE alle lettere Ebraiche del nome

כ א ל ע ג ח ה ר ע ש
Calaghharas  

al   agi   haras

لتخفيف حرس الحدود
Il cui significato è
PER ALLEVIARE LE GUARDIE DI CONFINE
Con quest'ultima traduzione possiamo affermare (Per quanto mi riguarda!) che l'origine del nome non è GRECA bensì ARABA difatti nel I° secolo la SICILIA era parte dell'impero ARABO e la SICILIA era terra di confine, da ciò si evince che il personaggio che con il tempo è diventato CALOGERO altri non era che un EREMITA che a PIEDI SCALZI (questo spiega la parola CALLI) girovagava per le terre vulcaniche alleviando i mali delle genti e dei militari ARABI del tempo con le acque solfuree di quei posti (e questo spiegherebbe anche il termine BUONA TERRA e IMMERSIONI) .
A suffragio di tutto ciò e se ancora ci fossero dei dubbi, prendendo in considerazione il numero di serie del santino 29  sommandone le cifre si ottiene il valore 11 che a sua volta è 10 + 1 ora sostituendo a questi due numeri le lettere ebraiche avremo            
אי
la cui traduzione è
ISOLA
Palese riferimento all'isola Siciliana che vide la nascita di questi anacoreti poichè è plausibile che fossero più d' uno e naturalmente un ulteriore conferma della mia teoria secondo la quale molte case editrici cattoliche e non legavano alla raffigurazione del santo il numero di serie.
Quindi possiamo concludere che anche questo personaggio come lo fu San Biagio (e vi sono anche evidenti somiglianze nella loro passio) fu utilizzato dalla Chiesa Cristiana come mezzo per spazzare via il Paganesimo,( il Dio Kronos) dalle terre Siciliane in cui era molto radicato e tale conclusione ce lo conferma l'ennesima traduzione ebraica del nome il cui valore numerico è  
 כ  א  ל  ע  ג  ח  ה   ר  ע    ש
200 70 100  5    8  3  70 30  1   20 = 507
   ז ך         
500  7
Che ha il significato di CANCELLARE RIMUOVERE
tale risultato ci conferma a questo punto direi definitivamente che la figura di San Calogero fu utilizzata per cancellare il culto del DIO SATURNO