Perché Santi tra le mani

Vi siete mai trovati fra le mani un santino?
Naturalmente non quelli odierni, magari che conservava vs nonna?
Bene voglio farvi riflettere su un punto .
Quel santino è molto più di un "pezzo di carta".
Non rappresenta solo un immagine da coservare .
Immaginate solo per un momento perchè vi ritrovate quel santino, perchè qualcuno lo ha conservato gelosamente !
Perchè magari gli è stato donato da una persona cara, o solo perchè era devoto a quel santo.
*Ma la cosa affascinante è il ritrovare su alcuni di essi scritte in bella o brutta grafia, frasi di preghiera, di augurio, di ricordo o di dedizione o magari solo una firma o una data.
Per lo più a volte sono parole semplici o anche forbite poesie magari in rima . Quindi testimoniano una fede autentica e un epoca che è passata.*(frase del collezionista Mario Tasca)
Per non parlare poi della loro bellezza intrinseca santini fatti a mano, disegnati e colorati da mani leggere e esperte, da artisti per lo più ignoti che hanno creato piccoli capolavori .
In questo mio blog, oltre a presentare la mia collezione che potete visionare nella slide a destra settimanalmente, prenderò in esame un santino o un argomento che mi sta più a cuore cercando di darvi più notizie possibili.
Ovviamente si accettano commenti critiche suggerimenti e approvazioni.
Buona lettura!

FRASI CELEBRI

"Chi è
capace di creare immagini,
come e quando vuole,
non conosce la tristezza
della realtà quotidiana
e può dar libero sfogo
alla magia delle sue allucinazioni"
S.Dalì

Ogni grande opera d'arte ha due facce, una per il proprio tempo e una per il futuro, per l'eternità
Daniel Barenboim

Si usa uno specchio di vetro per guardare il viso e si usano le opere d'arte per guardare la propria anima.
George Bernard Shaw
Vivere nel mondo senza diventare consapevoli del suo significato è come aggirarsi in una grande biblioteca senza toccarne i libri.
[Manly P. Hall]
"Il SAPERE rende LIBERI è l'Ignoranza che rende PRIGIONIERI".
Socrate


PREFAZIONE
LA FILICONIOMANIA DI GIOVANNI BATTISTA BONDESAN

E' l'interesse per la cultura in generale, e la forte passione per un prezioso settore storico ed artistico purtroppo trascurato che a partire dal 2002 ha impegnato con fervore singolare Giovanni Battista in una rigorosa, approfondita e puntuale ricerca.
La quale non si è svolta in un ambito ristretto, ma via via si è estesa ai Santuari, alle Chiese, agli Archivi, alle Biblioteche, ecc. ecc. fino alle persone interessate e sensibili, da quelle colte e titolate alle più semplici, depositarie "spesso" di Immaginette devozionali, conservate gelosamente e ordinate per il gusto di collezionare e per il piacere di conservare il ricordo tramandato.
Si tratta a mio avviso di una "mania" encomiabile, che va molto apprezzata e sostenuta per un duplice motivo.
Il primo consiste nel fatto che Bondesan con le sue originali ricerche, sempre rigorosamente documentate, sta arricchendo con nuovi contributi questo significativo settore dimostrando tra l'altro, come l'arte "dei Pezzettini di Carta" non è "Minore" ma esprime con la più alta dignità l'evoluzione della cultura e l'intreccio tra la componente Cattolica Cristiana e l'influenza di impliciti elementi del Classicismo Greco e del Giudaismo sino a cogliere talvolta sottili implicanze con alcune espressioni della cultura Massonica.
Ritengo che siano soprattutto validi i suoi efficaci interventi chiarificatori sui significati della complessa ricca ed insieme misteriosa simbologia ricorrente.
Il secondo motivo, anche da lodare sta nella opportuna e instancabile divulgazione degli esiti via via acquisiti con le sue faticose ricerche e con studi approfonditi sia attraverso il dialogo con tutti coloro che si interessano di queste problematiche sia in occasione dei convegni che nei chiari e frequenti interventi sul Blog.
In conclusione auguro a Giovanni Battista di raccogliere finalmente tutte le soddisfazioni che merita, in quanto giovane studioso e che possa continuare ad arricchire con il suo esemplare entusiasmo.
Professor Vittoriano Caporale
Ordinario in quiescenza di Storia della Pedagogia Università di Bari e già Docente di Storia delle Tradizioni Popolari Università di Taranto sede distaccata di Bari.

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martedì 1 novembre 2011

Santi (forse) non veri

Così come ho scritto nel titolo in questo post troverete alcuni santi che secondo alcuni studi non sarebbero mai esistiti o che sono riconducibili a dei pagani.


Sant'Andrea
non vi sono riscontri storici circa alcun personaggio a guida di alcun movimento messianico di I° secolo di nome Andrea.
Il suo viaggio in Britannia (da cui la croce di Sant'Andrea) pare improponibile così come la morte in tarda età.
La croce eponima era un simbolo pagano del sole presente in molte popolazioni antecedenti al santo presente in India, in Cananea, Egitto, Roma.
La figura di sant'andrea deriva da quella di Andara o Andvara, altro nome del dio scandinavo Thor identificabile con il sumerico Indara e l'indico Indra


Sant'Anna
Sovente rsaffigurata in quanto Metterza(messa per terza) a formare una triade (trinità) con la madonna e Gesù bambino, è emblema della maternità, una delle varie forme con cui la Grande Madre del Paganesimo si è ripresentata "sotto mentite spoglie" nel Cristianesimo. Altra forma della Grande Madre/sant'Anna è la figura, di origine celtica, chiamata Anna, proprio nelle isole britanniche A(n)na era la dività della rinascita,della fertilità chiamata anche Dana variante di Dinah.
Curiosamente anche sant'Anna(madre di Maria) veniva chiamata Dinah.
La figura dell'Anna celtica è di origine fenicia in quanto deriva da Barat- A(n)na a sua volta derivata dalla sumerica Anty(m).
San Gioacchino
Gioacchino (in ebraico Jojakim) non è mai nominato nei testi biblici canonici; la sua storia è narrata negli apocrifi: il Protovangelo di Giacomo (del 150 circa), il Vangelo dello pseudo-Matteo o Liber de ortu beatae Mariae Virginis (del V secolo) e l'Evangelium de nativitate Mariae (del VI secolo). A questi testi si sono poi ispirati gli scritti di sant'Agostino, di papa Innocenzo I e soprattutto la Legenda aurea di Iacopo da Varagine che ebbe grande diffusione e che rese popolare la figura del patriarca.
L'atteggiamento ufficiale della Chiesa cattolica nei confronti di Gioacchino è stato ambiguo: Giulio II autorizzò ai primi del Cinquecento la celebrazione della sua festa, che però mezzo secolo dopo Pio V soppresse. La festa fu ripristinata de Gregorio XV nel 1621 e solennemente confermata da Leone XIII. La data commemorativa è sempre stata il 16 agosto, ma viene più spesso commemorato con la moglie Anna, per cui papa Sisto IV ha fissato la data della memoria liturgica al 26 luglio. Le stesse date sono quelle della Chiesa anglicana.
Gioacchino è ricordato dalla Chiesa copta il 2 aprile; da quella maronita il 20 novembre, dalla Chiesa ortodossa siriaca il 25 luglio


San Benedetto da Norcia
Benedetto da Norcia, il santo del quale l’attuale papa porta il nome, in realtà non sarebbe mai esistito, afferma lo storico tedesco Johannes Fried in un’intervista al settimanale Die Zeit oggi in edicola. Il fondatore dell’ordine dei benedettini, considerato da sempre il padre spirituale dell’Occidente e dal 1964 proclamato patrono d’Europa da Paolo VI, «è una figura artificiale, il ricordo della quale è diventato una figura storica» afferma Fried. Dopo avere ripreso in esame i documenti sulla vita del monaco e santo tra i più importanti del cristianesimo, vissuto in Italia centrale tra il quarto e il quinto secolo, Fried si è convinto che in realtà si tratta di un «trapianto artificiale nella memoria collettiva». Il suo inventore, secondo Fried, è stato probabilmente qualcuno vissuto circa mezzo secolo più tardi nella cerchia di papa Gregorio Magno, molto interessato a rafforzare l’influenza dei monaci nella chiesa.Tutta la leggenda sulla vita di San Benedetto non ha nulla in comune con le normali vite dei santi, e quando compaiono eventi storici, il collegamento non sembra avere nessuna logica - afferma Fried - l’intera storia è raccontata nel linguaggio del mito ed è stilizzata simbolicamente.Johannes Fried, che dal 1996 al 2000 è stato presidente
dell’associazione degli storici tedeschi, è ritenuto uno dei principali medievisti tedeschi. Nato ad Amburgo nel 1942, dopo studi universitari a Heidelberg e specializzazione a Bologna e Modena, ha preso l’abilitazione all’insegnamento universitario a Heidelberg. Dal 1983 insegna storia del Medioevo a Francoforte sul Meno.
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Santi Domno e Domneone
Santi Domno e Domneone


Moretto, Madonna in trono col Bambino tra i santi Eusebia, Andrea, Domno e Domneone, 1536
Domno e Domneone sono due santi venerati dalla chiesa cattolica, inseriti nel Martirologio Romano da Cesare Baronio nel Cinquecento. Il loro culto, legato a quello di sant'Eusebia di Bergamo, è legato e circoscritto unicamente al loro luogo di venerazione, la chiesa di Sant'Andrea a Bergamo[1].

 

VENERAZIONE

In realtà, questi tre santi, compresa sant'Eusebia, non sono mai esistiti[1]. Il loro culto è dovuto alla riscoperta, avvenuta la domenica del 24 luglio 1401[2], di tre corpi sotto l'altare maggiore accompagnati da un'iscrizione, che recitava: "Hic Requiescunt in pa b m Domnio cum nepotibus suis Eusebia et Domnon. Dep Domno avus XVI K augus Eusebia III K novemb Domnio non ian". L'iscrizione può essere così completata: "Hic Requiescunt in pa[ce] b[onae] m[emoriae] Domnio cum nepotibus suis Eusebia et Domnon[e]. Dep[ositus] Domno avus XVI K[alendas] augus[tas] Eusebia III K[alendas] novemb[res] Domnio non[is] ian[uariis]"[1]. L'errata lettura della sigla "b m", interpretata come beati martyres, è all'origine della supposta esistenza di questi tre santi, per i quali in seguito si arrivò a costruire una apposita passio[1].

Nel 1648, lo studioso Carlo Ridolfi, mentre commenta la Madonna in trono col Bambino tra i santi Eusebia, Andrea, Domno e Domneone, tela del Moretto conservata nella chiesa, si premura di precisare che i santi Domno e Domneone sono i patroni della famiglia Claudia, proprietaria di una cappella in Sant'Andrea, mentre ritiene sant'Eusebia, al pari di sant'Andrea, sufficientemente nota, tanto da non richiedere spiegazioni[3]. È questo un dato importante per comprendere l'evoluzione del culto dei santi nel corso del tempo: in origine, come dimostra l'iscrizione trovata assieme ai corpi, Eusebia e Domnone (mutato in Domneone) erano nipoti di Domno. Col passare dei secoli, Domno e Domneone furono accostati in una coppia di santi, forse a causa dell'affinità del nome, mentre sant'Eusebia, probabilmente confusa con sante omonime, assunse un ruolo autonomo


Santa Filomena, Sant'Espedito, Santa Passera
riportate su documenti ufficiali ecclesiastici e, in seguito, smentite dopo approfonditi studi e indagini da parte del Vaticano.
Si tratta di santi mai esistiti, ovvero di come la cattiva interpretazione di testi, iscrizioni e manoscritti abbia generato confusione sull’origine di màrtiri, in seguito beatificati dalla Chiesa, generando un vero e proprio culto di reliquie con tanto di santuari e miracoli. Una di questi màrtiri è Santa Filomena, nome assai diffuso nel meridione ( ndr: anche due mie parenti si chiamano così ) proprio in virtù del suo culto e c’è da dire che in Campania, nel 1800, sorse un santuario ad essa dedicato e la sua fama valicò le Alpi, in Francia, dove tale Giovanni Battista Vianney, il curato d’Ars, ne divenne l’apostolo più convinto.
Migliaia di immaginette con le sue “storie” sui medaglioni : Filomena frustata a sangue, bersagliata dalle frecce che trafiggono invece i carnefici, sottoposta ad altre torture e, infine decapitata.

Tutto frutto di fervida fantasia legata alla tradizione dei vari martirologi; in fin dei conti le torture e le morti erano pressoché uguali per tutti i martiri cristiani e Filomena, dunque, non poteva esserne da meno.
Ma come avvenne tutto ciò?
Un infortunio, una errata traduzione di un iscrizione funeraria; nel 1802 nel cimitero di Priscilla fu estratto un mucchietto di ossa coperte con tre mattoni rettangolari che recavano, dipinta con vernice minio tra le figure dell’ancora e della palma, la formula augurale “.. Lumena ( primo mattone )Pax tecum (secondo mattone )Fi..( terzo mattone )”(che possiamo tradurre come : “esempio luminoso / la pace sia con te / fi..gli(a/o) mio).Si pensò che il necroforo, riutilizzandoli per chiudere un altro loculo, avesse distrattamente collocato per ultimo il primo mattone, impedendo di leggervi “ Filumena/Pax tecum” ( Filomena la pace sia con te ) e il dubbio divenne certezza quando, frammista alle ossa, fu rinvenuta una fiala che sembrava contenesse qualche goccia di sangue.Fatto sta che il canonico Francesco de Lucia portò le reliquie in provincia di Avellino e, in buona fede, le mise in una cassetta e le espose alla venerazione dei fedeli .
Poi, ascoltata una suora che diceva di aver avuto alcune rivelazioni su Santa Filomena (ormai la martire fu battezzata così), cominciò a scriverne la vita, sulla quale il folklore popolare ricavò un poemetto in 43 ottave e una canzone in 32 quartine che ebbero grande fortuna.Persino Benedetto Croce ricorda come il 7 novembre del 1849 il santuario fu visitato da Pio IX che vi celebrò messa e come il suddetto fu impreziosito dai regali di Ferdinando II e di Maria Teresa; non solo, ma persino Silvio Pellico le dedicò una poesiola. Il culto di Filomena era così intenso che nel 1837 la Congregazione dei riti le concesse per l’11 agosto la messa e l’ufficio “de communi”.Si contarono miracoli, tutti testimoniati, da parte di povera gente e non poche furono le devozioni dedicate a questa martire in gratitudine dei suoi favori.
Ma, col passare degli anni, l’entusiasmo popolare cominciò ad attenuarsi, il patrocinio di Filomena venne sempre meno invocato e il suo nome, nel 1961, fu depennato per ordine di Giovanni XXIII, non dal martirologio, nel quale non era mai stato incluso, ma dal calendario ecclesiastico.Non meno interessante è la storia di Sant’ Espedito.Si sa che il libraio Enrico Feliziani, che aveva bottega in via delle cornacchie a Roma nel 1800, pubblicò insieme al settimanale politico-religioso La Nuova Roma, anche una serie di opuscoli con la vita, i tridui e le novene in onore di un’altra vittima di Diocleziano, anch’essa ignorata dal martirologio. L’aveva chiamata S.Espedito e la sua immagine, scolpita in legno, modellata in cartapesta e dipinta, si vedeva in alcune chiese, tra le quali S.Vitale, dove veniva invocato come “ intercessore benigno nelle grandi necessità”.Aveva l’aspetto di un robusto tribuno romano, con la corazza, il cinturone, l’elmo e con la destra teneva una piccola croce con su scritto “hodie”, la palma del martirio con la sinistra e sotto i piedi un corvo che da una zampa mostrava il cartiglio con il terribile avvertimento “Cras”.Quello di S. Espedito fu, tuttavia, un culto di breve durata e circoscritto a Roma, non paragonabile a l’altro tributato per più di un secolo a Filomena.
Non si sa dove il Feliziani abbia attinto tali notizie su questo personaggio o quale fonte documentata lo abbia spinto a pubblicare la vicenda di Espedito ma, tuttavia, può certo spiegarlo una storiella che vado a raccontare anche se non fa ridere.Si diceva che le religiose di un monastero francese avevano manifestato a un ecclesiastico residente a Roma il desiderio di possedere il corpo di un martire cristiano sepolto nelle catacombe della capitale per onorarlo.Ottenutolo, questi inviò loro il seguente telegramma: “ Saint expediè arrivera demain”.
Le monache, credendo si trattasse del nome del martire, lo chiamarono Saint Expediè che, tradotto nella lingua italiana, divenne S.Espedito e tributarono a quei miseri resti gli onori di un santo.
Forse la storia andò proprio così ma non esiste la certezza del fatto anche perché il libraio di via delle cornacchie non spiegò mai dove aveva reperito le informazioni pubblicate su quel martire.Ma ancora più incredibile è la storia di San Passera ( a Roma c’è il vicolo di S.Passera; la voce che vuole la versione al femminile è del tutto arbitraria… ). La storia parte da due martiri, Ciro e Giovanni, un medico di Alessandria d’Egitto e un soldato di Emessa divenuto suo discepolo, che furono decapitati nel 303 a Canopo, durante la persecuzione di Diocleziano; ma sulla loro vita sono pervenute molte leggende con poche notizie che non hanno tuttavia impedito alla Chiesa Latina e Greca di commemorarne il martirio al 31 gennaio. Nella prima metà del V secolo il vescovo S.Cirillo fece trasferire le spoglie nella città di Menuthis (Egitto) divenuta in seguito famosa per i numerosi miracoli a loro attribuiti con troppa credulità e una settantina dei quali elencati, agli inizi del VII secolo, da Sofronio patriarca di Gerusalemme.Ma la testimonianza più probante del culto dei due martiri, rimane legata al nome di Abukir, deformazione di Abba Ciro, che sostituì l’altro di Menuthis.

Le loro reliquie furono traslate a Roma in un oratorio sulla via Portuense, dopodiché c’è un vuoto di circa due secoli. Successivamente, nel 1059, fu affidato alle Benedettine del monastero di S.Ciriaco, fu altresì concesso, nel 1452, ai canonici di S.Maria in via Lata i quali, ogni anno il 31 gennaio, dopo aver celebrato messa, ne celebravano allegramente la ricorrenza con un pranzo. Ma, fin dal 1376 il piccolo oratorio, il più antico e superstite dei cinque dedicati ai martiri alessandrini, era chiamato dal popolo con un nome diverso.Caduto nel dimenticatoio quello di Giovanni, attraverso le stesse alterazioni fonetiche che avevano trasformato i nomi dei SS. Cosma e Damiano in Cosimato (N.D.R.: la chiesa trasteverina è dedicata ad entrambi questi martiri e non al solo Cosimato peraltro mai esistito; d’altronde sulle deformazioni dei nomi di santi abbiamo più di un esempio nelle chiese veneziane: S.Zanipolo è la chiesa dei Santi Giovanni e Paolo, S.Stae è S. Eustachio).
Quindi dall’originario Abbas Cirus, poi Abba Ciro, Appaciro, Appacero, Pacero, Pacera, il nome di Ciro era diventato Passera, martire cristiano sotto Diocleziano. Tuttavia l’archeologo Armellini ritiene che detta deformazione derivi dal nome di S.Prassede, perché il 21 luglio, festa di questa santa, nell’oratorio si celebrava messa. Ma qualunque sia l’origine, fatto sta che il nome di Passera è rimasto di uso corrente, perché il Comune di Roma le ha intitolato una via e un vicolo del quartiere Portuense. L’oratorio riporta alcuni dipinti e affreschi interessanti e sull’architrave della cella sepolcrale è rimasta l’iscrizione “ Corpora sancta Cyri renitent hic atque Jhoannis / Quae quondam Romae dedit Alexandria magna”. Negli anni sessanta, infine, furono effettuati lavori di restauro e poi sospesi.
Chissà mai se riprenderanno i lavori per dare una definita sistemata a questo oratorio del VII secolo dedicato a San Passera…   

 
Gianni Bondesan

 

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