Quello che vi presento oggi è un santino su carta vergata misure 6,3x9,9 di fine XVI - inizi XVII secolo dell'incisore fiammingo Ioannes Baptiste Barbe.
Nella parte bassa a destra troviamo il nome dell'incisore e uno scritto latino:
Fecit et excud tradotto Fatto e prodotto
Il santino raffigura con molta probabilità San francesco d'Assisi in atto di adorazione di un crocifisso che stringe al petto, con una posizione delle braccia che ricorda quella di una madre che culla il proprio figlio.
Credo che l'incisore abbia voluto rappresentare l'episodio dell'apparizione del cherubino sul monte della Verna.
Nell'estate del 1224 San Francesco si ritirò sul monte per i suoi consueti ritiri di preghiera e durante la sua permanenza chiese a Dio di renderlo partecipe della Passione di Cristo.Gli apparve un Angelo crocifisso che gli lasciò in dono i segni della passione.
In virtù della fluente barba bianca si potrebbe pensare a una raffigurazione di San Francesco da Paola ma così non è in quanto vi sono alcuni attributi iconografici specifici di San Francesco d'Assisi.
Dobbiamo anche considerare il periodo in cui è stato effettuato il disegno in quanto anche la Chiesa non aveva suggerito dei veri e propri canoni per le raffigurazioni cristiane e quindi i pittori avevano libera interpretazione.
Dall'analisi del santino ritroviamo infatti i tratti caratteristici dell'iconografia di San Francesco d'Assisi.
Nel caso del santino l'incisore Barbe sembra averlo raffigurato con il saio dei Frati Minori .
Il Teschio, dopo la metà del '500 con la Riforma della pittura operata con il Concilio di Trento aperto nel 1545 e chiuso nel 1563, in linea con il gusto dell'epoca e le disposizioni riguardo l'arte sacra, si può notare come sempre più diffuse furono le rappresentazioni di santi in estasi o in meditazione sulla caducità della vita, simboleggiata generalmente appunto da un teschio.
Questa leggenda, riportata da Marco da Montegallo (+1496), si diffuse in special modo per opera di Perbalto de Temeswar (+1504) con il suo Stellarium coronae benedictae Virginis Mariae in laudem eius (Argentiane 1506), opera che divenne molto popolare tra gli autori del XVI secolo.
Bernardino da Siena (+1444) fu il grande diffusione di questa Corona che cominciò a portarla appesa al cordone imitato poi dai frati che seguirono la sua riforma, e in special modo da Giovanni da Capestrano (+1456), che diffuse la corona raccomandando le sette meditazioni e la genuflessione al nome di Gesù.
Dal XV secolo si cominciarono a rappresentare i frati con le corone tra le mani sia negli affreschi come nelle miniature.
Ne è ricca l'opera Specchio dell'Ordine Minore, conosciuta come Franceschina, nel codice di Perugia e in quello di Norcia.
La corona è tenuta in mano anche dalla rappresentazione della "Povertà che si sposa a S.Francesco", tavola cinquecentesca fiorentina custodita nella pinacoteca di Monaco. La corona appare, poi, attaccata al cordone del Beato Lucchesio nella terracotta di Andrea della Robbia (+1528) che si trova nella chiesa di S.Girolamo a Volterra. In seguito, anche le immagini di S.Francesco d'Assisi cominciano ad avere la corona appesa al cingolo.
croce che Francesco d'Assisi pregava quando ricevette la richiesta del Signore di ricostruire la sua casa.
L'Angelo, è molto presente nella vita di San Francesco stando alle fonti francescane, oltre a essere presente sul monte della Verna al momento delle stimmate nel 1224, una notte del 1221 un angelo apparve a San Francesco ordinandogli di recarsi nella chiesa della Porziuncola,poi una nuova apparizione nel 1223 gli angeli furono inviati a Francesco per invitarlo a recarsi in chiesa dove lo aspettavano Cristo e Sua Madre.
In quest’occasione fu indicata la data più adatta per l’indulgenza, ossia il giorno in cui S. Pietro fu liberato dal carcere (1 agosto), dopo il pranzo fino alla sera del giorno seguente.
San Francesco si recò dal Papa per riferire quanto rivelatogli da Dio: le rose di gennaio resero testimonianza della veridicità del racconto ed in seguito a ciò una bolla papale sancì definitivamente l’indulgenza della Porziuncola, estesa poi nel corso dei secoli a tutte le chiese francescane.
In quest’occasione fu indicata la data più adatta per l’indulgenza, ossia il giorno in cui S. Pietro fu liberato dal carcere (1 agosto), dopo il pranzo fino alla sera del giorno seguente.
San Francesco si recò dal Papa per riferire quanto rivelatogli da Dio: le rose di gennaio resero testimonianza della veridicità del racconto ed in seguito a ciò una bolla papale sancì definitivamente l’indulgenza della Porziuncola, estesa poi nel corso dei secoli a tutte le chiese francescane.
Nella parte bassa del "santino" troviamo uno scritto in latino che recita:
Dulce melos, Francisce, chelys tibi calica pangit;
Sed tibi cor pulsans dulcius aptat amor.
Dulce melos, Francisce, chelys tibi calica pangit;
Sed tibi cor pulsans dulcius aptat amor.
Che tradotto :
Per te o Francesco, una lira celeste compone un dolce melodia;
ma l'amore predispone il vostro cuore a battere ancora più dolcemente .
Ovviamente non sono un latinista e quindi spero che tale traduzione sia esatta.
Per te o Francesco, una lira celeste compone un dolce melodia;
ma l'amore predispone il vostro cuore a battere ancora più dolcemente .
Ovviamente non sono un latinista e quindi spero che tale traduzione sia esatta.
Il Barbe molto probabilmente avendo affinato le sue tecniche incisorie visitando l'Italia è possibile che abbia conosciuto l'incisore italiano Agostino Carracci (1556-1602) o le sue opere e che probabilmente prima di lui ha inciso questo San Francesco:
Dal sito http://collezioni.genusbononiae.it
Incisore | Carracci Agostino (1556 - 1602) |
---|---|
Inventore | Vanni Francesco |
Luogo e anno di edizione | Bologna 1595 |
Tecnica e supporto | Bulino |
Misure foglio (in mm) | 308 x 240 |
Misure battuta (in mm) | |
Misure immagine (in mm) | 294 x 237 |
Iscrizione incisa | Franc.s Vannius Sen Inventor Car. fe. 1595 Desine dulciloquas Ales contingere e hordas, Ham nequ....... Joannes Philippus Riccius e Societate Iesu |
Notizie storico-critiche | |
Iconografia | San Francesco seduto in primo piano svenuto per le dolci note di un violino suonato da un angelo in volo sopra di lui, sullo sfondo un paesaggio. |
L'incisione di Agostino, San Francesco confortato da un angelo
musicante,tradizionalmente ritenuta copia in controparte con alcune
varianti dell'incisione di Francesco Vanni (1563 - 1610), è in
realtà, come già riconosciuto dal Bellori, copia di un dipinto di
Vanni conservato presso la Galleria Rizzi di Sestri Levante (in The
Illustrated Bartsch, Italian Master of the sixteenth century,
Agostino Carracci, by Babette Bohn. New York 1995, 39 (1 Comm.),
p. 289).
Realizzata nel 1595, essa mostra alcune caratteristiche
tecniche tipiche di questa fase dell'attività di Agostino come la
divisione accentuata del paesaggio, realizzata tramite l'uso di
tratti spessi e marcati in primo piano che si fanno sempre più
delicati e superficiali nello sfondo.
La stampa, ritenuta da Mariette e da Bartsch, una delle migliori e
più riuscite opere del Carracci, dovette godere di grande
popolarità, come dimostrano, oltre alle numerose impressioni che
ne furono tratte, le derivazioni pittoriche.
Alle dieci copie repertoriate da Bohn, Cristofori, sulla scorta di
quanto scritto dallo Zani, ne ha aggiunte recentemente altre.
L'esemplare in esame benché non ottimamente conservatosi è assai
fresco e le iscrizioni presenti permettono di identificarlo come
un primo stato che venne valutato all'epoca della vendita alla
Cassa di risparmio ben 200 £.
Come possiamo notare dal confronto le due incisioni sono molto simili.
Ioannes Baptiste Barbe La data della nascita di questo artista, il cui nome viene talvolta scritto Barbé è stata segnalata da alcuni per l'anno 1572, da altri al 1585 o 1590.Secondo alcune ricerche nacque ad Anversa, nell'anno 1578: Jean Barbe fu battezzato il 28 luglio del 1578, presso la Cattedrale di Anversa.Era il figlio di Antoine Barbe, del musicista-compositore, e Jeanne Ceels.Nato in una famiglia dove l'amore per l'arte era ereditaria, si sentì presto sviluppare la sua propensione per il disegno e l'incisione. All'età di 17 anni nel 1595 entra come allievo nello studio dell'incisore Filippo Galle.Rimase sotto la sua guida per quindici anni, e fu ammesso nella Gilda di San Luca nel 1610, sotto la Presidenza del Theodore Galle, figlio di Filippo Galle.Nel 1609 Papa Paolo V beatificò Ignazio di Loyola. Per celebrare l'evento e per promuovere la devozione a Ignazio, i gesuiti a Roma hanno prodotto un piccolo-formato un volume di 81 incisioni su rame raffigurante la sua vita. L'incisore è stato l'illustre Jean-Baptiste Barbe, che in quel periodo resiedeva a Roma e arruolò il suo connazionale, il giovane Peter Paul Rubens, per contribuire al progetto con dei disegni. A parte brevi didascalie che identificano le scene, il libro è senza testo.
Qui di seguito due incisioni tratte dal libro.
La Corporazione di San Luca (o Gilda di San Luca) era una delle corporazioni di artisti ed artigiani attive soprattutto durante il periodo barocco (la cosiddetta età d'oro) nelle Fiandre e nei Paesi Bassi. La corporazione deve il suo nome a Luca evangelista, il santo patrono degli artisti che secondo la tradizione cristiana dipinse la figura della Madonna e quadri dei santi Pietro e Paolo.
Le sue sedi più importanti furono istituite ad Anversa, Utrecht, Delft e Leida. La sede di Anversa in particolare continuò ad esistere fino al1795, anche se a quel punto aveva già perso gran parte del suo potere. In molti centri amministrativi, tra cui Anversa, il governo locale aveva donato alle Gilde il potere di controllare e regolare particolari tipi di traffici commerciali tra le città. L'appartenenza ad una corporazione fu perciò richiesta obbligatoriamente per la vendita di opere d'arte o per l'assunzione di apprendisti nelle botteghe; regole simili sono attestate anche a Delft. Le prime gilde ad Anversa e Bruges, crearono la base per il modello che fu poi seguito in altre città; possedevano un proprio centro di vendita ed esposizione nel quale i membri potevano distribuire i lor dipinti direttamente al pubblico. La corporazione di San Luca non rappresentò soltanto pittori e scultori ma anche commercianti, artisti dilettanti e amanti dell'arte. Confezionando recensioni su artisti contemporanei ed emettendo giudizi su dispute tra questi, le gilde acquisirono un forte potere ed influirono attivamente sulla carriera di un qualsiasi autore.Tra i membri più illustri della corporazione troviamo i pittori Johannes Vermeer, Rubens, Frans Hals, Jacob Jordaens, Rembrandt, Antoon van Dyck e Pieter Bruegel.
Ebbe come amici, il pittore Michael Snyders,l'incisore Cornelio Galle, il giovane incisore Raffaello Sadeleer e Hans Collaert ( Anversa c1555/65 - 1618) sposò Justa Galle, figlia dell' incisore ed editore Philip Galle .
I laboratori delle famiglie Collaert e Galle erano vicini tra loro e le loro opere sono difficili da distinguere.
Dopo essere stato in Italia come molti suoi colleghi dell'epoca per perfezionare la sua tecnica.
All'età di quarantadue anni, si sposa ad Anversa,il 30 marzo 1620,con Christine Wiericx, figlia o nipote di Antoine Wiericx, il giovane.
Molti bambini sono nati da questa unione, in particolare nel 1623, 1625, 1627 e 1631.
Barbe nel 1627 fu decano della Gilda di San Luca.
Gestisce gli archivi della Reale Accademia di Belle Arti di Anversa .
Jean-Baptiste Barbe morì all'età di quasi 70 anni, il suo funerale si tenne presso la chiesa di Nostra Signora ad Anversa, 12 febbraio 1649.
La sua notevole tecnica gli permise di lavorare in piccolo quindi molto probabilmente fu un gran produttore di "santini" .
Si dedicò alla riproduzione di quadri del De Vos a soggetti del vecchio e nuovo testamento, le vite dei santi e in particolare di quelli appartenenti alla Compagnia di Gesù
La sua biografia è contenute nel libro: Iconografia e la vita degli uomini illustri del XVII ° secolo (. Amsterdam, 1759, vol II),
Qui di seguito alcune sue incisioni e "Santini"
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figura 1: Deus filius aequalis Patri in gloria sua
fonte: Herzog August Biblithek Wolfenbuttel |
figura 3:Margaret Midleton
Fonte: Fitzwilliam Museum
figura 4:Santa Teresa Da Avilla Formato: su carta 3,8 x 5 cm
Fonte:Koninklijk Instituut voor het Kunstpatrimonium (KIK) - Institut Royal du Patrimoine Artistique (IRPA) - Royal Institute for Cultural Heritage (RICH) http://www.archieven.nl/nl/zoeken?
mistart=36&mivast=0&mizig=214&miadt=1212&milang=nl&misort=Beschrijvi
ng|desc&miview=ldt&mif3=327169
Per la realizzazione di questo post si ringraziano:
Il dott. Biagio Gamba per avermi dato qualche suggerimento.
Fra Michele Giuliano che con le sue spiegazioni sull'iconografia di san Francesco mi ha permesso di riconoscere nella raffigurazione del santino San Francesco d'Assisi e non San Francesco da Paola.
A Carmen Stilliano che ha correto una mia interpretazione errata dello scritto in latino.
A Demetrio Guzzardi e tutti i partecipanti che hanno tenuto viva la discussione su Facebook nel gruppo della HC ASSOCIATION.
Il dott. Biagio Gamba per avermi dato qualche suggerimento.
Fra Michele Giuliano che con le sue spiegazioni sull'iconografia di san Francesco mi ha permesso di riconoscere nella raffigurazione del santino San Francesco d'Assisi e non San Francesco da Paola.
A Carmen Stilliano che ha correto una mia interpretazione errata dello scritto in latino.
A Demetrio Guzzardi e tutti i partecipanti che hanno tenuto viva la discussione su Facebook nel gruppo della HC ASSOCIATION.
A conclusione spero come sempre di avervi fatto cosa gradita.
Giovanni Battista Bondesan
Ottimo articolo, interessante. Non conoscevo Gian Battista Barbe.
RispondiEliminaBuongiorno! Interessante l'articolo ma a mio modesto parere, penso che il santino raffiguri proprio San Francesco da Paola. Nonostante le strette somiglianze con quello raffigurante san Francesco d'Assisi,i tratti caratteristici corrispondono perfettamente a quelli del Santo Paolano: la barba fluente, l'adorazione del Crocifisso, il piccolo teschio legato al cordone e al Rosario, la presenza dell'angelo. La mancanza di stimmate sul dorso delle mani e la raffigurazione di un uomo molto avanti negli anni - San Francesco da Paola muore alla veneranda età di 91 anni - potrebbero confermare il mio pensiero.
RispondiEliminaF.to Ester Francesca Aloise
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