Perché Santi tra le mani

Vi siete mai trovati fra le mani un santino?
Naturalmente non quelli odierni, magari che conservava vs nonna?
Bene voglio farvi riflettere su un punto .
Quel santino è molto più di un "pezzo di carta".
Non rappresenta solo un immagine da coservare .
Immaginate solo per un momento perchè vi ritrovate quel santino, perchè qualcuno lo ha conservato gelosamente !
Perchè magari gli è stato donato da una persona cara, o solo perchè era devoto a quel santo.
*Ma la cosa affascinante è il ritrovare su alcuni di essi scritte in bella o brutta grafia, frasi di preghiera, di augurio, di ricordo o di dedizione o magari solo una firma o una data.
Per lo più a volte sono parole semplici o anche forbite poesie magari in rima . Quindi testimoniano una fede autentica e un epoca che è passata.*(frase del collezionista Mario Tasca)
Per non parlare poi della loro bellezza intrinseca santini fatti a mano, disegnati e colorati da mani leggere e esperte, da artisti per lo più ignoti che hanno creato piccoli capolavori .
In questo mio blog, oltre a presentare la mia collezione che potete visionare nella slide a destra settimanalmente, prenderò in esame un santino o un argomento che mi sta più a cuore cercando di darvi più notizie possibili.
Ovviamente si accettano commenti critiche suggerimenti e approvazioni.
Buona lettura!

FRASI CELEBRI

"Chi è
capace di creare immagini,
come e quando vuole,
non conosce la tristezza
della realtà quotidiana
e può dar libero sfogo
alla magia delle sue allucinazioni"
S.Dalì

Ogni grande opera d'arte ha due facce, una per il proprio tempo e una per il futuro, per l'eternità
Daniel Barenboim

Si usa uno specchio di vetro per guardare il viso e si usano le opere d'arte per guardare la propria anima.
George Bernard Shaw
Vivere nel mondo senza diventare consapevoli del suo significato è come aggirarsi in una grande biblioteca senza toccarne i libri.
[Manly P. Hall]
"Il SAPERE rende LIBERI è l'Ignoranza che rende PRIGIONIERI".
Socrate


PREFAZIONE
LA FILICONIOMANIA DI GIOVANNI BATTISTA BONDESAN

E' l'interesse per la cultura in generale, e la forte passione per un prezioso settore storico ed artistico purtroppo trascurato che a partire dal 2002 ha impegnato con fervore singolare Giovanni Battista in una rigorosa, approfondita e puntuale ricerca.
La quale non si è svolta in un ambito ristretto, ma via via si è estesa ai Santuari, alle Chiese, agli Archivi, alle Biblioteche, ecc. ecc. fino alle persone interessate e sensibili, da quelle colte e titolate alle più semplici, depositarie "spesso" di Immaginette devozionali, conservate gelosamente e ordinate per il gusto di collezionare e per il piacere di conservare il ricordo tramandato.
Si tratta a mio avviso di una "mania" encomiabile, che va molto apprezzata e sostenuta per un duplice motivo.
Il primo consiste nel fatto che Bondesan con le sue originali ricerche, sempre rigorosamente documentate, sta arricchendo con nuovi contributi questo significativo settore dimostrando tra l'altro, come l'arte "dei Pezzettini di Carta" non è "Minore" ma esprime con la più alta dignità l'evoluzione della cultura e l'intreccio tra la componente Cattolica Cristiana e l'influenza di impliciti elementi del Classicismo Greco e del Giudaismo sino a cogliere talvolta sottili implicanze con alcune espressioni della cultura Massonica.
Ritengo che siano soprattutto validi i suoi efficaci interventi chiarificatori sui significati della complessa ricca ed insieme misteriosa simbologia ricorrente.
Il secondo motivo, anche da lodare sta nella opportuna e instancabile divulgazione degli esiti via via acquisiti con le sue faticose ricerche e con studi approfonditi sia attraverso il dialogo con tutti coloro che si interessano di queste problematiche sia in occasione dei convegni che nei chiari e frequenti interventi sul Blog.
In conclusione auguro a Giovanni Battista di raccogliere finalmente tutte le soddisfazioni che merita, in quanto giovane studioso e che possa continuare ad arricchire con il suo esemplare entusiasmo.
Professor Vittoriano Caporale
Ordinario in quiescenza di Storia della Pedagogia Università di Bari e già Docente di Storia delle Tradizioni Popolari Università di Taranto sede distaccata di Bari.

Cerca nel blog

lunedì 11 marzo 2013

SANTA CECILIA APOLLO PLUTONE LA MASSONERIA e le vite degli autori dell'opera

Epoca: 1700       18th Century
Misure: mm 238 x 362 mm ca. (misura del foglio) mm 223 x 350 mm ca. (alla battuta)
SANTA CECILIA
Stampa originale su carta vergellata, raffigurante Santa Cecilia che suona l'arpa, vicino a lei un putto alato.
Santa Cecilia è patrona della musica, dei musicisti e dei cantanti.
Mignard pinx.
F. Chereau sculp (Parigi 1717 - 1755).
Questa settimana prenderemo in esame Santa Cecilia patrona dei musicisti, partendo questa volta dall'analisi simbolica di una incisione tratta da Ebay.
La stampa è opera dell'incisore francese Francois Chereau, ecco come ne parla lo scrittore De Boni in un suo testo del 1840 dal titolo: 
Biografia degli artisti (compilatore, F. de Boni). 1840
<<CHEREAU (Francesco), nato a Blois nel 1680, venne a Parigi (il suo studio era situato in rue Saint-Jacques n°10 da Bibliographie de la France ) a studiar l'incisione sotto Gherardo Andrai]; incise storie e ritraili nei quali riuscì a perfezione. Il suo bulino e brillante e morbido, mostra intelligenza di forme e vigore di tuoni. Fra una moltitudine di ritratti, che ha incisi, si distinguono quello di Péconrt, de'cardiuali di Polignac e di Fleury; quello di Bayle e di Giacomo Satino; il suo san Giovanni, copiato da Raffaele, è pure molto pregialo. L'accademia di pittura lo creò suo membro, e il re, incisore del suo gabinetto; ma poco ne godette, essendo morto a Parigi, nel 1729, di quarantanove anni.
CHEREAU (Giacomo), nato a Blois nel 1687, fu allievo di suo fratello Francesco, cui non fu interiore nell'eccellenza dell' intaglio, ma nel numero delle slampe. Recossi a Londra in compagnia di Dubose e vi si trattenne fino alla morte del fratello accaduta nel 1729. In tale anno tornato a Parigi, si applicò esclusivamente alla mercatura delle stampe, nulla più fece, e mori a Parigi di ottatanove anni, nel 1776. Ha incisi parecchi bellissimi ritratti, fra gli altri quello del vescovo di Senez, di Giorgio I d'Inghilterra e di Filippo d'Orleans; ma il s. Giovanni nel deserto, la sacra Famiglia di Raffaele, ed il David che tiene la lesta di Golia, tratto dal Feti, non sono meno stimali.>>
(si noti che le date riportate dal venditore dell'incisione non coincidono con quelle riportate dal De Boni).
Tale incisione è la riproduzione fedele di un quadro del pittore anch'egli francese e quasi contemporaneo del Chereau;



Pierre Mignard, detto Le Romain per distinguerlo dal fratello Nicolas (Troyes, 17 novembre 1612 – Parigi, 30 maggio 1695), è stato un pittore francese del XVII secolo.
Nacque a Troyes da una famiglia di artisti.
Nel 1630 lasciò lo studio di Simon Vouet per l'Italia, dove trascorse ventidue anni e dove si creò una notevole reputazione, tanto da essere chiamato alla corte di Parigi. Successivamente, con il suo ritratto del re e la sua entrata definitiva nella corte, Mignard si contrappose a Charles Le Brun, rifiutandosi di entrare a far parte dell'Accademia di cui questi era a capo, e ponendosi personalmente come autorità alternativa.
Allontanatosi dalla corte a causa di queste controversie, Mignard si dedicò alla decorazione della cupola della chiesa del Val-de-Grâce (1664). Eseguì inoltre una lunga serie di lavori e di opere pubbliche, il controllo delle quali era però affidato all'Accademia. Il che non impedì comunque a Mignard di distinguersi come il caposcuola della ritrattistica barocca francese.
Personaggi illustri come Henri de Turenne, Molière, Jacques Bossuet, M.me de Maintenon, la Marchesa de La Vallière, la Marchesa di Sévigné, la Marchesa di Montespan, Cartesio, così come tutte le donne più belle e le persone più importanti, si rivolsero a lui per un ritratto. La sua bravura e la sua abilità pittorica, accompagnate da un istinto di grazia di composizione, furono la sua vera forza.
Con la morte di Le Brun nel 1690, la situazione cambiò. Mignard riuscì a scardinare i piani dei suoi avversari ed a tornare a corte con tutti gli onori che non aveva ricevuto in precedenza. Morì però nel 1695, quando stava per iniziare i lavori alla cupola della cappella dell'Hôtel des Invalides.
Le sue opere sono oggi conservate in importanti musei del mondo, tra cui quello della prestigiosa reggia di Versailles.
Pierre Mignard non va confuso con il nipote Pierre (1640-1725), detto solitamente "Pierre II" o "Le Chevalier". (fonte Wikipedia)
Prima di passare all'analisi simbolica vediamo il contesto storico in cui nasce l'opera pittorica del Mignard ci troviamo durante il Regno di Luigi XIV(1643-1715) detto il Re Sole .
 Durante il regno di Luigi XIV (1643-1715), la Francia divenne la potenza dominante in Europa, grazie anche all'abilità diplomatica di Mazzarino (1642-1661), successore di Richelieu e alle politiche economiche di Colbert (1661-1683) che portarono al Regno di Francia ulteriori conquiste territoriali (l'Artois, le Fiandre occidentali e la contea di Borgogna, lasciata all'impero nel 1482), ma al prezzo della crescente opposizione delle potenze rivali.
L'incisore Francois Chereau nasce come incisore in epoca immediatamente successiva sotto il Regno di Luigi XV detto il Beneamato (Versailles, 15 febbraio 1710 – Versailles, 10 maggio 1774), fu re di Francia dal 1715 fino alla sua morte.
Sia Mignard che Chereau entrarono di merito nelle rispettive corti come artisti ufficiali della famiglia regnante, aspetto non di poco conto che sicuramente influenza la loro attività artistica.
Difatti se esaminiamo l'opera di Mignard/Chereau e ne analizziamo attentamente il simbolismo contenuto questi ha una doppia valenza cristiano-massonica.
Tale affermazione ovviamente scaturisce solo ed esclusivamente dall'analisi del simbolismo che andremo ad evidenziare, mentre non abbiamo fonti certe che avvallino l'appartenenza dei due artisti a logge massoniche durante la loro vita.
Possiamo però ipotizzare che poichè entrambi i Re furono insigniti dell'onorificenza rispettivamente di Gran Maestro  dell'Ordine dello Spirito Santo dell'Ordine di San Michele dell'Ordine di San Luigi ( si ha inoltre notizia che Luigi XIV fece parte insieme a Luigi XVIII e Carlo X alla Loggia Militare dei Tre Fratelli Uniti della Corte d'Oriente . fonte Dieter Schwar ) in base a tali verità storiche potrebbe essere plausibile il fatto che entrambi gli autori poichè eletti artisti di Corte facessero parte anche loro della Loggia Massonica presieduta dal Re Gran Maestro. 
Veniamo ora all'analisi simbolica dell' "Opera" (vedi per il termine opera il Dizionario Massonico ).
Partiamo dall'immagine dello sfondo, un paesaggio bucolico.
La poesia bucolica è un genere di poesia pastorale (,il termine pastorale in arte (letteratura, arti visive e musica, principalmente) si riferisce ad un soggetto campestre in cui soggetti come villaggi di campagna, pastori e animali sono raffigurati in maniera idealizzata, spesso alludendo ad atmosfere idilliache e mitiche). 
la cui origine viene fatta risalire al poeta greco Teocrito.
 Nell'antichità riscosse notevole successo, tanto che si occupò di questo genere il poeta latino Virgilio.
Tale poesia bucolica fu il tramite per la creazione di un luogo immaginario abitato da pastori felici dediti alla poesia, chiamato Arcadia.
Tale luogo immaginario è presente nel Motto del famoso Priorato di Sion "Et in Arcadia ego" e fatto proprio dalle successive Logge Massoniche susseguitesi nel tempo.(per un miglior approfondimento su questa tematica leggere le nostre tesine ).
Passiamo ora all'abientazione  riscontriamo particolari architettonici, due colonne, che ne collocano la scena all'interno di una Domus Aurea.  
La 'domus aurea' nella quale Dio ha stabilito la sua dimora in mezzo agli uomini è la Vergine Maria, (nel nostro caso Santa Cecilia) e le due colonne rappresentano il Tempio di Salomone, edificato con grande magnificenza. 
Da qui i riferimenti biblici del quadro che la immagina come 'inscritta' nella cornice di un santuario: "Domus templi ex auro", "Tutto nel tempio era fatto d'oro" (1 Re 7, 50); "Compleverat gloria Domini domum Dei", "La gloria del Signore aveva riempito il tempio di Dio" (2 Cr 5, 14); "Hic habitabo quoniam elegi eam", "Qui abiterò, perché l'ho desiderato" (Sal 131, 14).
 Nella sua doppia valenza simbolica le due colonne oltre a rappresentare come visto il Tempio di Salomone e quindi la casa di DIO rappresentano la Loggia Massonica e assumono una connotazione ben precisa nel messaggio massonico in quanto sono rappresentazioni emblematiche dei principi della Forza e della Bellezza, e sono il simbolo della vita.
Quella posta a sinistra entrando è di stile dorico (o raramente gotico), sostiene un globo terracqueo (ricorda la serietà e l'importanza dell'impegno assunto da ogni adepto) e porta incisa la lettera "B", iniziale di Boaz, nome (secondo la tradizione biblica) del proavo di Davide, principe e legislatore di Israele. 
Simbolicamente rappresenta il principio attivo, l'elemento maschile e la Forza, attributo del 2° Sorvegliante: è al suo fianco che si dispongono gli Apprendisti.(si noti infatti come la colonna di sinistra abbia una connotazione più robusta, tozza, infatti sembra più grossa rispetto all'altra) 
La colonna opposta è in stile ionico (o corinzio), sorregge tre o quattro melagrane semiaperte e porta impressa la lettera "J", iniziale di Jachin (o Jakin), che nella tradizione biblica è il nome del gran sacerdote che officiò l'inaugurazione del tempio di Salomone. 
Simbolicamente rappresenta il principio passivo, l'elemento femminile e la Bellezza, attributo del 1° Sorvegliante. È la colonna dei Compagni d'Arte. 
Le melagrane sono oggetto di varie interpretazioni simboliche: ricordano la carità che racchiude tante virtù, l'umiltà, la fecondità, la procreazione e la proliferazione. 
Inoltre sono semiaperte, per cui se ne può scrutare l'interno, ricordando così l'introspezione (Gnose te ipsum) richiesta al massone, nonché il compito affidatogli di ricerca della Verità attraverso l'esoterismo. 
Viste congiuntamente, le C. rappresentano l'equilibrio del dualismo nei termini opposti: Forza e stabilità, morte e vita, distruzione e creazione, tenebre e luce, vizio e virtù. 
Tutto procede in un armonico bilanciamento di coppie, e l'evoluzione procede grazie alle energie che operano in combinazione ed in contrasto, che solo apparentemente sono tra loro in opposizione. 
Opportuno infine ricordare che i nomi Boaz e Jachin contraddistinguono anche le colonne poste all'ingresso del tempio di Re Salomone, come citato in I Re: 7, 21 nonché in. II Cronache: 3, 17.
Altro simbolo prettamente massonico è la presenza di un tenda rossa alle spalle della Santa.
Scopriamone il suo significato:
Filosofia del Grado - Questo grado corrisponde al II del Rito dei Templari.La leggenda dice che il figlio di Hiram fu incaricato di distruggere il Dio Coccodrillo degli Egiziani e l’ara insanguinata sulla quale si sacrificavano uomini a Moloch.Essa insegna che i governanti hanno il dovere di combattere le superstizioni e di far trionfare la verità. 
Decorazione del Tempio - La «Gerarchia» si aduna in un tempio a pareti bianche con colonne accoppiate nere e rosse.  
Nel fondo vi è il Santuario chiuso da una tenda rossa (si noti come la tenda nell'opera pittorica è raccolta a mostrare un'antro scuro che verrà illuminato dai candelabri solo al momento della cerimonia) Sopra al trono, l’Arca dell’Alleanza con Jeohovah; ai lati il sole e la luna. A destra l’ara degli olocausti, a sinistra quella dei profumi. 
Ad Occidente due candelabri con cinque bracci a piramide. Ad Oriente un candelabro a due bracci. 
Passiamo ora agli strumenti musicali presenti nell'opera e al loro significato, ma prima un breve cenno sulle origini della musica.
Fin dalle origini la musica è stata sempre considerata un mezzo privilegiato per comunicare con gli Dei, ma dobbiamo arrivare ai filosofi greci per trovare il concetto che accomuna cosmo, musica e numeri su uno stesso piano; questa teoria del Principio Divino venne in seguito ribattezzata dai filosofi rinascimentali come Harmonia Mundi.
Il primo ad occuparsi dell’aspetto cosmologico della musica fu Pitagora, il quale elaborò la teoria dell’Armonia delle Sfere, scoprendo che in una scala musicale i suoni stanno tra di loro in un preciso rapporto di tipo matematico; essendo quindi la musica collegata alla matematica, conoscendo la Legge dei Numeri si potrebbe giungere all’essenza del Tutto.
Nella storia della Massoneria molti furono i musicisti massoni, anche di notevole valore. 
Il XVIII° secolo in particolare, ha visto compositori quali  W.A.Mozart, iniziato a Vienna il 14 dicembre 1784, Salieri e Haydn
Tutti, hanno trasferito la simbologia massonica nelle loro opere. 
Un esempio è il "Flauto Magico", in cui Mozart ha fatto scontrare le forze del bene e del male, facendo trionfare, infine, gli ideali massonici dell'umanitarismo,della libertà, della tolleranza e della fratellanza universale.
All'interno della "Domus" oltre a Santa Cecilia e a un putto vi sono rappresentati 5 strumenti musicali :
Arpa, Viola, flauto, clarinetto, tamburello. 
Se il dipinto colpisce per la presenza dei numerosi strumenti musicali che  ad una prima lettura simboleggiano le qualità della Santa ciò indica però anche che l'artista  vuole indicare, attraverso questi, qualche concetto più profondo e la loro attenta disposizione e collocazione spaziale ne suggerisce il  forte valore simbolico che però viene svelato solo a quel ristretto numero di persone che potevano avere gli strumenti per decifrare le allegorie del dipinto.
 Porto ad esempio l'affresco che si trova nella chiesa di Santa Maria Novella, a Firenze, nella cappella funebre di Filippo Strozzi, affrescata da Filippino Lippi.  
Nel cui affresco campeggia l'enigmatica scritta "INITIATI CANUNT" (cioè "gli iniziati fanno musica").  
L'Arpa è il simbolo di Santa Cecilia, patrona della musica ma rappresenta anche la tranquillità, l'animo eletto e l'allegria.
Per quanto riguarda il risvolto massonico l'Arpa come tutti gli strumenti a corda  rappresenta la dualita' (razionalita' ed istinto).
La Viola  se per le sue sembianze fu  accostata al corpo femminile e quindi alla sessualità di contro fu utilizzato come simbolo di umiltà 
Nel Cristianesimo il colore viola sostituì il rosso purpureo pagano e segna la temporanea morte in stato di peccato in attesa del battesimo e della penitenza liberatrice divenendo quindi simbolo di resurrezione.
 Nel suo risvolto massonico la viola assume il significato di umiltà.
Tale aggettivo associato allo strumento è dovuto al suo utilizzo all'interno dell'orchestra, (anche se inizialmente fu ritenuta capace di imitare le più sottili sfumature della voce umana e di esprimere i sentimenti più profondi) in quanto ricopre un ruolo di sostegno ritmico e armonico al Basso.
Il Flauto/clarinetto nell'antichità ebbe ha una grande rilevanza nell’immaginario umano poiché (a differenza della tastiera o degli archi e delle corde) il suono esce direttamente dal corpo creando un flusso circolare che parte dall’interno, dall’anima… e si trasforma in aria.
Per il suo accostamento all'organo genitale maschile e agli idoli pagani  i cristiani per lungo tempo lo bandirono additandolo come strumento del   diavolo in quanto il suono che ne fuoriusciva si riteneva rapisse e facesse perdere  la stabilità interiore e quindi ogni inibizione.
Successivamente forse in epoca francescana fu accomunato al canto degli uccelli e come primo strumento donato da Dio all'uomo per sollevare il peso delle sue gioie o infelicità che quindi accostato a Santa Cecilia ne simboleggia  le doti di serenità tranquillità ed estasi.
  L'accostamento al canto degli uccelli richiama il mito della fenice:
<<La fenice è uno strano ed affascinante uccello che vive nelle terre d’India. Possiede un becco lunghissimo che è provvisto come il flauto di numerosi fori, non meno di cento. Vive priva di compagno, e anzi la solitudine è la sua ragion d’essere. Da ogni foro del suo becco sgorga una diversa melodia, tra le cui note si cela un arcano. Quando da quei fori s’innalza il suo triste lamento, pesci ed uccelli diventano inquieti per lei, tutte le belve si placano e perdono quasi coscienza per la dolcezza di quel canto.... >>
 La morte della fenice, da Il verbo degli uccelli di Farid ad-din Attar (Iran 1100 circa - ?).
Per quanto riguarda il suo simbolismo massonico questo si rifà alla fenice e alla sua forza rigeneratrice e quindi alla sua natura terrena in quanto strumento genera una melodia così come l'organo umano genera prole e la terra genera frutti .  
Il Tamburello nella sua valenza cristiana simboleggia l'armonia del creato e nella fattispecie l'armonia racchiusa nella figura della Santa, ma anche la caducità della vita dato dal suono ritmato che sembra scandire il tempo.
In quella massonica invece la sua forma circolare simboleggia il sole ma anche l'intero universo, il suo suono rappresenta lo scorrere del tempo ma anche il suono pulsante dell'universo, e quindi la vita stessa nel senso più completo del termine che è stata considerata da tante civiltà orientali ed occidentali come composta da due forze fondamentali, quella maschile e quella femminile, quella fisica e quella metafisica, quella della notte e quella del giorno e via dicendo. 
Come e più di altri strumenti analoghi, il tamburello esprime nettamente questa concezione dell'universo perchè possiede gli opposti complementari degli acuti dei sonagli e dei bassi della pelle racchiusi nell'unità rappresentata dalla forma circolare.  
Anche se si è compreso il significato ambivalente dei vari oggetti che compongono l'Opera (abbiamo tralasciato volutamente l'analisi dell'immagine della Santa per riprenderla più avanti),per capire veramente il messaggio che l'artista ha voluto trasmettere/celare  bisogna ora studiare la loro collocazione e disposizione spaziale all'interno dell'immagine.
Quindi abbiamo un primo messaggio che è quello evidentemente religioso della santa con i suoi attributi di anima eletta di umiltà serenità e armonia con Dio.
Ora proviamo a comprendere il messaggio massonico celato.
Ci troviamo all'interno del Tempio (della Loggia Massonica) e il paesaggio bucolico che si intravede l'Arcadia, è quel luogo a cui il Fratello Massone anela e per cui si adopera per "Costruirlo".
All'interno del Tempio sono raffigurati gli "arnesi"  (la Conoscenza) del costruttore che serviranno all'"Opera".




  
Sul pavimento troviamo un libro di musica aperto a rappresentare il Libro Sacro simbolo della scienza e della saggezza, ma anche dell’universo e dei segreti divini che vengono confidati solo agli iniziati, su cui sono poggiati due strumenti a fiato a rappresentare un compasso solare e maschile è un utensile mobile, ed essendo ad apertura variabile, esprime la possibilità di ampliare il campo d'azione mentale e nella conoscenza di se stesso, rappresentando il modo di essere di colui che è pronto ad allargare la propria visione dell'Universo.
Il compasso indica la Volontà, la Capacità, il Genio. 
E' Simbolo attivo che domina e plasma la Materia.

Evidenzia la condizione indispensabile per vivere in modo completo le esperienze che ci vengono proposte dalla vita.  
Il Compasso propone il nostro arricchimento interiore come fine mirato delle esperienze. L'apertura del pensiero coinvolge una attività dello spirito, quindi una crescita metafisica.

Possiamo considerare il Compasso come simbolo della Spiritualità: rappresenta l'astrazione, la mente: è il giudizio soggettivo.
Quando il compasso si coniuga con la squadra, utensile fisso, quindi passivo, se vogliamo, lunare e femminile, simboleggia il rigore morale e la perfezione.
La squadra rappresenta il mondo del concreto, la sfera pratica, o la misura della realtà oggettiva.  
É la luce interiore, simbolo di Rettitudine e della Materia.
Sovrapponendosi entrambi al libro sacro, aperto al versetto di Giovanni “in principio era il verbo", formula della creazione, è come se quel suggello impegni il Cielo (compasso) e la Terra (squadra) a determinare una nuova creazione, a promuovere cioè, un nuovo ordine.
A questo punto possiamo interpretare la prima parte del messaggio che è una  denuncia da parte del pittore Mignard  ripresa poi  anche dall'incisore Chereau  rivolta in ambedue i casi contro i due Regnanti Gran Maestri accusati di immoralità.
Vi è la volontà del cambiamento (compasso) per aspirare a un nuovo Mondo (Arcadia) ma manca il rigore morale e la perfezione (squadra) per raggiungere lo scopo e il tamburello che indica il tempo è fermo immobile per terra  ad indicare che il tempo per fare ciò è al termine.
La seconda parte del messaggio è legato alla viola poichè simbolo di umiltà il significato risulta chiaro; per riportare il libro sacro sull'ara (rappresentato dal tavolo) e promuovere un nuovo ordine c'è bisogno di umiltà che riporterà rigore morale e perfezione in modo da portare nuova luce al santuario (che si trova dietro il drappo rosso) sprofondato nelle tenebre.  
Scoperto il messaggio celato nell'opera non ci resta che capire se esiste un legame tra la raffigurazione della Santa e il messaggio stesso o se tale rappresentazione è solo il pretesto per nascondere il vero contenuto.
Partiamo con il racconto della "Passio" che ci darà i vari spunti per una analisi più approfondita .
Santa Cecilia (Roma, II secolo – Roma, III secolo) è stata una santa romana.
Il suo culto è molto popolare poiché Cecilia è la patrona della musica, dei musicisti e dei cantanti. 
Viene festeggiata il 22 novembre.
Cecilia, nata da una nobile famiglia a Roma, sposò il nobile Valeriano. 
Si narra che il giorno delle nozze nella casa di Cecilia risuonassero organi e lieti canti ai quali la vergine, accompagnandosi, cantava nel suo cuore: “conserva o Signore immacolati il mio cuore e il mio corpo, affinché non resti confusa”. 
Da questo particolare è stato tratto il vanto di protettrice dei musicanti. 
Confidato allo sposo il suo voto, egli si convertì al Cristianesimo e nella prima notte di nozze ricevette il Battesimo per mano del Pontefice Urbano I. 
 Tornato nella propria casa, Valeriano vide Cecilia prostrata nella preghiera con l’Angelo che da sempre vegliava su di lei e, ormai credente convinto, pregò che anche il fratello Tiburzio ricevesse la stessa grazia e così fu. 
Il giudice Almachio aveva proibito, tra le altre cose, di seppellire i cadaveri dei Cristiani, ma i due fratelli convertiti alla fede si dedicavano alla sepoltura di tutti i poveri corpi che incontravano lungo la loro strada. 
Vennero così arrestati e dopo aver redento l’ufficiale Massimo che aveva il compito di condurli in carcere, sopportarono atroci torture piuttosto che rinnegare Dio e vennero poi decapitati. 
Cecilia pregò sulla tomba del marito, del cognato e di Massimo (tutti e tre Santi venerati il 14 Aprile), anch’egli ucciso perché divenuto Cristiano, ma poco dopo venne chiamata davanti al giudice Almachio che ne ordinò la morte per soffocamento nel bagno di casa sua, ma si narra che "la Santa invece di morire cantava lodi al Signore". 
Convertita la pena per asfissia in morte per decapitazione, il carnefice vibrò i tre colpi legali (era il "contratto" dei boia per ogni uccisione) e, non ancora sopraggiunta la morte, la lasciò nel suo sangue. Fu Papa Urbano I, sua guida spirituale, a renderle la degna sepoltura nelle catacombe di San Callisto. 
La Legenda Aurea narra che papa Urbano I, che aveva convertito il marito di lei Valeriano ed era stato testimone del martirio, «seppellì il corpo di Cecilia tra quelli dei vescovi e consacrò la sua casa trasformandola in una chiesa, così come gli aveva chiesto».
È quanto mai incerto il motivo per cui Cecilia sarebbe diventata patrona della musica. 
In realtà, un esplicito collegamento tra Cecilia e la musica è documentato soltanto a partire dal tardo Medioevo.
La spiegazione più plausibile sembra quella di un'errata interpretazione dell'antifona di introito della messa nella festa della santa (e non di un brano della Passio come talvolta si afferma). 
Il testo di tale canto in latino sarebbe: Cantantibus organis, Cecilia virgo in corde suo soli Domino decantabat dicens: fiat Domine cor meum et corpus meum inmaculatum ut non confundar ("Mentre suonavano gli strumenti musicali (?), la vergine Cecilia cantava nel suo cuore soltanto per il Signore, dicendo: Signore, il mio cuore e il mio corpo siano immacolati affinché io non sia confusa"). 
Per dare un senso al testo, tradizionalmente lo si riferiva al banchetto di nozze di Cecilia: mentre gli strumenti musicali (profani) suonavano, Cecilia cantava a Dio interiormente. 
Da qui il passo ad un'interpretazione ancora più travisata era facile: Cecilia cantava a Dio... con l'accompagnamento dell'organo. Si cominciò così, a partire dal XV secolo (nell'ambito del Gotico cortese) a raffigurare la santa con un piccolo organo portativo a fianco.
Santa Cecilia
In realtà i codici più antichi non riportano questa lezione dell'antifona (e neanche quella che inizierebbe con Canentibus, sinonimo di Cantantibus), bensì Candentibus organis, Caecilia virgo.... Gli "organi", quindi, non sarebbero affatto strumenti musicali, ma gli strumenti di tortura, e l'antifona descriverebbe Cecilia che "tra gli strumenti di tortura incandescenti, cantava a Dio nel suo cuore".  
L'antifona non si riferirebbe dunque al banchetto di nozze, bensì al momento del martirio.
Leggendo la "Passio" purtroppo non si trovano spunti per una analisi della figura di Santa Cecilia e quindi come fatto per altre figure di Santi rivolgeremo la nostra attenzione all'etimologia del nome, ecco cosa riporta il dizionario etimologico:
Deriva dal nome latino gentilizio Caecilius o Cecilius (al femminile Caecilia), che si rifà al nome di Caeculus, leggendario fondatore di Preneste, derivato dal latino caecus, "cieco".
Ceculo (lat. Caeculus) Fondatore mitico di Preneste (Palestrina), secondo una tradizione autoctona, conosciuta da Catone e da Virgilio. 
 Figlio di Vulcano, nato da una vergine fecondata da una scintilla del focolare, viene abbandonato da costei e allevato da alcune vergini che lo chiamano C. per un difetto degli occhi. 
Datosi al brigantaggio, fonda poi Preneste, popolandola con gente raccolta dalla campagna. 
A C. riannodava la sua origine la gens romana dei Cecili.
Da questa breve spiegazione l'etimologia del nome Cecilia sembrerebbe risolta, ma non è così è molto più complessa.
Come abbiamo visto si fa derivare il nome dal latino caecus cioè cieco in altre occasioni  si è appurato che in alcuni casi la genesi di una parola è la fusione di  altre 2 parole distinte vedremo come lo è anche in questo caso:
caecilia                cecilia
caecus-cilium   cieco-palpebra
caecus-ilia          cieca Ilia 
 Ilia era l'altro nome con cui era conosciuta Rea Silvia, figlia di Numitore, madre di Romolo e Remo.
Leggendo a questo punto la storia mitica di ILIA (Rea Silvia) scopriremo similitudini con il mito di Caeculus.
Rea Silvia fu la madre dei gemelli Romolo e Remo, fondatori di Roma; morì sepolta viva da Amulio. 
Le sue vicende ci sono raccontate nel I libro Ab urbe condita di Tito Livio, in frammenti dagli Annales di Ennio e da Fabio Pittore.
Stando al racconto di Livio, Rea Silvia era la figlia di Numitore, discendente di Enea e re di Alba Longa. 
Il fratello minore di Numitore, Amulio, usurpò il trono e, uccise i figli maschi del fratello, e costrinse Rea Silvia a diventare una sacerdotessa della dea Vesta, per impedirle di avere una discendenza, dato che le vestali avevano l'obbligo della castità per trent'anni.
Per una versione il dio Marte si invaghì della ragazza  e la sedusse in un bosco mentre dormiva.
Quando lo zio seppe della nascita dei due gemelli di Rea la fece arrestare e ordinò a una serva di uccidere Romolo e Remo. 
La serva, tuttavia, ne ebbe pietà, li mise in una cesta e li affidò alle acque del Tevere. 
Sempre Livio, racconta invece che l'ordine di gettare i gemelli al fiume venne da Amulio.
La cesta, miracolosamente, navigò tranquilla per il fiume e si arenò nel luogo dove più tardi i gemelli avrebbero fondato Roma.
Per alcuni fu una vestale colpevole di aver perduto la propria verginità: in effetti essere seppellite vive era la pena delle vestali del fuoco sacro a Roma che tradissero il voto di castità. 
Per altri è l'immagine tardiva della Dea Madre che feconda la terra.
Dal confronto dei due miti notiamo come il mito di Romolo e Remo derivi da quello di Caeculus.
Questi nasce da una vergine e anche Romolo e Remo nascono dalla  Vergine Vestale Rea Silvia.
caeculus viene abbandonato e lo stesso avviene per i due gemelli che verranno cresciuti da una lupa mentre Caeculus da delle Vergini.
Caeculus fonda la città di Preneste mentre Romolo e Remo fondano Roma.  
Se Caeculus è l'origine del mito di Romolo e Remo, Rea Silvia cioè Ilia trova le sue origini nel mito di Proserpina.
Prosèrpina (lat. Proserpina) è la versione romana della dea greca Persefone o Kore (gr. κόρη, fanciulla). 
Il nome potrebbe derivare dalla parola latina proserpere ("emergere") a significare la crescita del grano. 
Infatti, in origine, fu senza dubbio una dea agreste.
Viene anche identificata con la dea Libera.
Proserpina era figlia di Cerere; rapita da Plutone re dell'Ade mentre coglieva i fiori sulle rive del lago Pergusa ad Enna e trascinata sulla sua biga trainata da quattro cavalli neri, ne divenne la sposa e fu regina degli Inferi. 
Dopo che la madre ebbe chiesto a Giove di farla liberare, poté ritornare in superficie, a patto che trascorresse sei mesi all'anno ancora con Plutone. 
Cerere faceva calare il freddo ed il gelo durante i mesi in cui la figlia era assente come segno di dolore, per poi far risvegliare la natura per il ritorno di Proserpina sulla terra.
Il suo culto a Roma fu introdotto accanto a quello di Dis Pater (assimilato a Ade), nel 249 a.C.
Si celebrarono allora in loro onore i Giochi Tarantini, così chiamati da una località nel campo di Marte, il Tarentum.
Anche in questo caso sono evidenti le similitudini che accomunano i due miti.
Rea Silvia viene posseduta dal Dio Marte mentre si trova nel bosco vicino alle rive di un fiume mentre dorme (ecco spiegato il latino caecus ilia cioè Ilia ceca poichè dormiente).
Proserpina viene rapita mentre coglie fiori in riva a un lago dal Dio Plutone che la porta con sè nell'Ade cioè il regno dei morti, Rea Silvia viene uccisa sepolta viva. 
Se i tre miti (Caeculus, Ilia, Proserpina) sono strettamente collegati tra loro, non sembrano però avere nessuna similitudine con il "Mito" Cristiano di Santa Cecilia ma una attenta analisi della "Passio" ci rivelerà i punti di contatto e quindi la genesi.
Primo punto la Verginità fondamento principale delle leggende, Caeculus nasce da una Vergine, Rea Silvia è una Vergine Vestale, Proserpina è una giovane fanciulla Vergine.
Rea Silvia e Proserpina entrano in contatto con un Dio quindi non perdono il loro status Santa Cecilia per potersi elevare a Dio fa voto di castità insieme al suo sposo Valeriano.
In tutti i miti compreso quello cristiano è presente la dualità maschile femminile Marte e Rea Silvia Plutone Persefone Santa Cecilia Valeriano.
In tutte le leggende prese in esame si fa riferimento al mondo sotterraneo e si parla di sepolture, Rea Silvia viene sepolta viva, Proserpina viene condotta negli inferi da Plutone, il marito di Santa Cecilia Valeriano si dedicava alla sepoltura dei Cristiani e nel mito di Caeculus questi  era figlio del Dio Vulcano. 
A questo punto  possiamo ipotizzare con sufficiente certezza che la genesi di Santa Cecilia è  legata all'intreccio di questi tre miti, rimane da comprendere del perchè tale figura è stata legata alla musica.
Nel Mondo Greco e poi Romano il Dio della Musica era Apollo ma quale è il legame con la Santa?
Come abbiamo visto i miti si intrecciano  e si menzionano  altri  Dei, Plutone e Marte.
Cosa li lega tra loro?
Con un semplice schema capiremo le interazioni che legano i tre Dei
 
Come possiamo notare da questo semplice schema gli Dei sono collegati tra loro da parentela figliale da notare che il mito di Rea Ilia (Rea Silvia) e quindi il suo nome scaturisce dall'unione di Rea moglie di Saturno senza la quale non sarebbe esistito Marte che violentando Ilia (Silvia)  mette al mondo Romolo e Remo che a loro volta fondano ROMA.
La città capitolina inizialmente fu chiamata Roma quadrata, in quanto sarebbe  stata disposta ad aequilibrium, essa aveva inizio dal bosco che si trovava nella zona del Tempio di Apollo e terminava alla sommità delle scale di Caco dove fu la capanna di Faustolo (colui che trovò Romolo e Remo).
Da considerare inoltre che un altro Tempio forse tra i più imponenti e importanti dell'antichità costruito per il Dio Apollo si trovava nel Peloponneso e precisamente a Bassai Helper vicino al villaggio di Skliros in Figalia.
Sorgeva a 1130 metri di altitudine sulle montagne tra le regioni guarda caso di ILIA MESSENIA e ARCADIA ( due delle quali richiamano inequivocabilmente Ilia madre dei fondatori di Roma e Arcadia il luogo anelato dai Fratelli Massoni) e fu costruito a metà del 5° secolo da Ictino che fu anche l'architetto del Partenone.
Se tali riscontri legano Apollo al mito di Rea Silvia (Ilia)  l'uso della Lira nell'iconografia del Dio lo collega a Santa Cecilia (il cui simbolo che la contraddistingue è l'Arpa) a sua volta legata al mito della madre dei fondatori di Roma. 
Nella Mitologia greca l'inventore della lira fu Mercurio che la regalò ad Apollo che vincendo una gara musicale con il Dio Pan divenne il Dio della Musica. 
La lira fu così associata alle virtù apollinee di moderazione e di equilibrio in contrapposizione al flauto legato a Dioniso e che rappresentava estasi e celebrazione.
Ma Apollo oltre a essere Dio della musica lo era anche della medicina e della profezia e tali qualità lo concatenano allo "Zio" Plutone Dio del sottosuolo che è legato ulteriormente ad Apollo dal racconto che vede Apollo regalare la Lira a Orfeo.
Quest'ultimo suonava una musica così bella da vincere la mano della ninfa Euridice.
Sfortunatamente Euridice venne morsa da un serpente velenoso morendo all'istante.
Acceccato dal dolore, Orfeo scese nell'Ade implorando Plutone, dio degli Inferi, di restituirgli l'amata; la sua musica era così commovente da spingere Persefone, moglie di Plutone, a convincere il marito.
Alla fine Plutone cedette ma ad una condizione: durante la risalita dagli inferi, Orfeo non si sarebbe mai dovuto voltare a guardare Euridice.
Purtroppo Orfeo non riuscì a resistere alla tentazione e perse così per sempre la sua amata.
Filo conduttore di tutto ciò che abbiamo raccontato sinora è la dualità incontro tra terreno e mito, vita e morte  rappresentato da Apollo (la vita) e Plutone (la morte), dualismo tra l'altro già presente nella figura androgina  di Apollo metà uomo metà donna, tutto questo confluisce e dà vita alla figura di Santa Cecila dove l'amore per la musica e quindi per la vita sconfigge la morte ma facenti parte di un unico Disegno Divino  governate da un unica entità un solo Dio
Tale dualismo è ben rappresentato dai due artisti che incarnando due diverse visioni danno vita ad un un unica rappresentazione.
Nella rappresentazione di Santa Cecilia si possono scorgere gli attributi che contraddistinguono i due Miti, la Martire è raffigurata seduta così come veniva rappresentato dagli antichi Greci  il Dio Plutone, mentre suona l'Arpa trasposizione della lira del Dio Apollo.
In una Grecia antica in cui vi era una forte misoginia  dove la figura femminile anche se Dea era comprimaria Il Cristianesimo  contrappone (e torniamo al dualimo) una figura femminile che ingloba entrambe le visioni e come nel simbolismo Greco la Santa  che suona l'Arpa diventa simbolo di saggezza, armonia, poesia, razionalità e purezza.
Mentre ai suoi piedi troviamo Cibele che nella mitologia greca divenne Rea Dea della natura e degli animali rappresentata da un Tamburello insieme ai Flauti simbolo del Dio Pan dio pastore della campagna, delle selve e dei pascoli entrambi portatori di irrazionalità e forze ancestrali di feste incontrollabili e passioni non "accordate" e poichè lo strumento a corde si fa simbolo anche del buon governare non solo la propria anima ma anche una città o una Nazione  Santa Cecila diventa essa stessa simbolo di Armonia che il Cristiano deve imitare per essere tutt'uno con Dio ma che diventa in questo caso specifico simbolo di Rinascita di una visione Massonica compromessa da un Gran Maestro non più in linea con gli ideali Massonici. 
  







  22 novembre. Festa di Plutone e Proserpina

http://mitologia.dossier.net/mitologia-a.html

Nessun commento:

Posta un commento