Perché Santi tra le mani

Vi siete mai trovati fra le mani un santino?
Naturalmente non quelli odierni, magari che conservava vs nonna?
Bene voglio farvi riflettere su un punto .
Quel santino è molto più di un "pezzo di carta".
Non rappresenta solo un immagine da coservare .
Immaginate solo per un momento perchè vi ritrovate quel santino, perchè qualcuno lo ha conservato gelosamente !
Perchè magari gli è stato donato da una persona cara, o solo perchè era devoto a quel santo.
*Ma la cosa affascinante è il ritrovare su alcuni di essi scritte in bella o brutta grafia, frasi di preghiera, di augurio, di ricordo o di dedizione o magari solo una firma o una data.
Per lo più a volte sono parole semplici o anche forbite poesie magari in rima . Quindi testimoniano una fede autentica e un epoca che è passata.*(frase del collezionista Mario Tasca)
Per non parlare poi della loro bellezza intrinseca santini fatti a mano, disegnati e colorati da mani leggere e esperte, da artisti per lo più ignoti che hanno creato piccoli capolavori .
In questo mio blog, oltre a presentare la mia collezione che potete visionare nella slide a destra settimanalmente, prenderò in esame un santino o un argomento che mi sta più a cuore cercando di darvi più notizie possibili.
Ovviamente si accettano commenti critiche suggerimenti e approvazioni.
Buona lettura!

FRASI CELEBRI

"Chi è
capace di creare immagini,
come e quando vuole,
non conosce la tristezza
della realtà quotidiana
e può dar libero sfogo
alla magia delle sue allucinazioni"
S.Dalì

Ogni grande opera d'arte ha due facce, una per il proprio tempo e una per il futuro, per l'eternità
Daniel Barenboim

Si usa uno specchio di vetro per guardare il viso e si usano le opere d'arte per guardare la propria anima.
George Bernard Shaw
Vivere nel mondo senza diventare consapevoli del suo significato è come aggirarsi in una grande biblioteca senza toccarne i libri.
[Manly P. Hall]
"Il SAPERE rende LIBERI è l'Ignoranza che rende PRIGIONIERI".
Socrate


PREFAZIONE
LA FILICONIOMANIA DI GIOVANNI BATTISTA BONDESAN

E' l'interesse per la cultura in generale, e la forte passione per un prezioso settore storico ed artistico purtroppo trascurato che a partire dal 2002 ha impegnato con fervore singolare Giovanni Battista in una rigorosa, approfondita e puntuale ricerca.
La quale non si è svolta in un ambito ristretto, ma via via si è estesa ai Santuari, alle Chiese, agli Archivi, alle Biblioteche, ecc. ecc. fino alle persone interessate e sensibili, da quelle colte e titolate alle più semplici, depositarie "spesso" di Immaginette devozionali, conservate gelosamente e ordinate per il gusto di collezionare e per il piacere di conservare il ricordo tramandato.
Si tratta a mio avviso di una "mania" encomiabile, che va molto apprezzata e sostenuta per un duplice motivo.
Il primo consiste nel fatto che Bondesan con le sue originali ricerche, sempre rigorosamente documentate, sta arricchendo con nuovi contributi questo significativo settore dimostrando tra l'altro, come l'arte "dei Pezzettini di Carta" non è "Minore" ma esprime con la più alta dignità l'evoluzione della cultura e l'intreccio tra la componente Cattolica Cristiana e l'influenza di impliciti elementi del Classicismo Greco e del Giudaismo sino a cogliere talvolta sottili implicanze con alcune espressioni della cultura Massonica.
Ritengo che siano soprattutto validi i suoi efficaci interventi chiarificatori sui significati della complessa ricca ed insieme misteriosa simbologia ricorrente.
Il secondo motivo, anche da lodare sta nella opportuna e instancabile divulgazione degli esiti via via acquisiti con le sue faticose ricerche e con studi approfonditi sia attraverso il dialogo con tutti coloro che si interessano di queste problematiche sia in occasione dei convegni che nei chiari e frequenti interventi sul Blog.
In conclusione auguro a Giovanni Battista di raccogliere finalmente tutte le soddisfazioni che merita, in quanto giovane studioso e che possa continuare ad arricchire con il suo esemplare entusiasmo.
Professor Vittoriano Caporale
Ordinario in quiescenza di Storia della Pedagogia Università di Bari e già Docente di Storia delle Tradizioni Popolari Università di Taranto sede distaccata di Bari.

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martedì 26 febbraio 2013

SANT'AGATA E IL CULTO DEL DIO DIONISO




Identificazione: Sant'Agata
Autore: Novelli Pietro detto Monrealese (1603/ 1647), disegnatore; De Colle Pellegrino (1737/ 1812), incisore
Cronologia: post 1800 - ante 1899
Oggetto: stampa colorata a mano
Soggetto: sacro
Materia e tecnica: bulino
Misure: 22,1 x 30,4 (Parte incisa)
Misure: 20,3 x 27,5 (Parte figurata)
Notizie storico-critiche: Per quanto concerne gli autori della stampa rileviamo che Pellegrino De Colle compì probabilmente il proprio apprendistato presso i Remondini, anche se il suo nome appare nei cataloghi della ditta piuttosto tardi, a partire dal 1784. Dal 1778 comunque è documentata la sua attività a Venezia per Joseph Wagner e subito dopo per Nicolò Cavalli, per il quale inciderà la maggior parte delle sue stampe, di solito opere di traduzione impegnandosi nel contempo nel campo dell'illustrazione libraria (Alpago-Novello L., 1940). Per quanto concerne gli editori ricordiamo che il Cavalli, oltre che lavorare il bulino, aperse a casa sua un negozio di vendite di stampe assoldando degli intagliatori. Pietro e Giuseppe sono figli di Francesco Cesare Vallardi. Dopo la loro separazione, nel 1818, Giuseppe conduce il negozio di libri e stampe.
Questa settimana, parleremo di Sant'Agata patrona di Catania che si è festeggiata il 5 febbraio, riporto qui di seguito la passio così come viene raccontata sul sito santi e beati .
Sant’Agata il cui nome in greco Agathé, significava buona, fu martirizzata verso la metà del III secolo, alcuni reperti archeologici risalenti a pochi decenni dalla morte, avvenuta secondo la tradizione il 5 febbraio 251, attestano il suo antichissimo culto.
Agata nacque nei primi decenni del III secolo (235?) a Catania; la Sicilia, come l’intero immenso Impero Romano era soggetta in quei tempi alle persecuzioni contro i cristiani, che erano cominciate, sia pure occasionalmente, intorno al 40 d.C. con Nerone, per proseguire più intense nel II secolo, giustificate da una legge che vietava il culto cristiano.
Nel III secolo, l’editto dell’imperatore Settimio Severo, stabilì che i cristiani potevano essere prima denunciati alle autorità e poi invitati ad abiurare in pubblico la loro nuova fede. Se essi accettavano di ritornare al paganesimo, ricevevano un attestato (libellum), che confermava la loro appartenenza alla religione pagana, in caso contrario se essi rifiutavano di sacrificare agli dei, venivano prima torturati e poi uccisi. Era un sistema spietato e calcolato, perché l’imperatore tendeva a fare più apostati possibile che martiri, i quali venivano considerati più pericolosi dei cristiani vivi. Nel 249 l’imperatore Decio, visto il diffondersi comunque del cristianesimo, fu ancora più drastico; tutti i cristiani denunciati o no, dovevano essere ricercati automaticamente dalle autorità locali, arrestati, torturati e poi uccisi.
In quel periodo Catania era una città fiorente e benestante, posta in ottima posizione geografica; il suo grande porto, costituiva un vivace punto di scambio commerciale e culturale dell’intero Mediterraneo. E come per tutte le città dell’Impero Romano, anche Catania aveva un proconsole o governatore, che rappresentava il potere decentrato dell’impero, ormai troppo vasto; il suo nome era Quinziano, uomo brusco, superbo e prepotente e circondato da una corte numerosa, con i familiari, un numero enorme di schiavi e con le guardie imperiali, dimorava nel ricco palazzo Pretorio con annessi altri edifici, in cui si svolgevano tutte le attività pubbliche della città.
Secondo la ‘Passio Sanctae Agathae’ risalente alla seconda metà del V secolo e di cui esistono due traduzioni, una latina e due greche, Agata apparteneva ad una ricca e nobile famiglia catanese, il padre Rao e la madre Apolla, proprietari di case e terreni coltivati, sia in città che nei dintorni, essendo cristiani, educarono Agata secondo la loro religione.
Cresciuta nella sua fanciullezza e adolescenza in bellezza, candore e purezza verginale, sin da piccola sentì nel suo cuore il desiderio di appartenere totalmente a Cristo e quando giunse sui 15 anni, sentì che era giunto il momento di consacrarsi a Dio. Nei primi tempi del cristianesimo le vergini consacrate, con il loro nuovissimo stile di vita, costituivano un’irruzione del divino in un mondo ancora pagano e in disfacimento.
Il vescovo di Catania accolse la sua richiesta e durante una cerimonia ufficiale chiamata ‘velatio’, le impose il ‘flammeum’, cioè il velo rosso portato dalle vergini consacrate.
Nel mosaico di S. Apollinare Nuovo in Ravenna del VI secolo, è raffigurata con la tunica lunga, dalmatica e stola a tracolla, abbigliamento che lascia supporre che fosse diventata diaconessa.
Il proconsole di Catania Quinziano, ebbe l’occasione di vederla e se ne incapricciò, e in forza dell’editto di persecuzione dell’imperatore Decio, l’accusò di vilipendio della religione di Stato, accusa comune a tutti i cristiani, quindi ordinò che la catturassero e la conducessero al Palazzo Pretorio.
Qui subentrano varie tradizioni popolari, che indicano Agata che scappa per non farsi arrestare e si rifugia in posti indicati dalla tradizione, in una contrada poco distante da Catania, Galermo, oppure a Malta, oppure a Palermo; ma comunque ella viene catturata e condotta da Quinziano.
Il proconsole quando la vede davanti viene conquistato dalla sua bellezza e una passione ardente s’impadronisce di lui, ma i suoi tentativi di seduzione non vanno in porto, per la resistenza ferma della giovane Agata.
Egli allora mette in atto un programma di rieducazione della ragazza affidandola ad una cortigiana di facili costumi di nome Afrodisia, affinché la rendesse più disponibile. Trascorse un mese, sottoposta a tentazioni immorali di ogni genere, con festini, divertimenti osceni, banchetti; ma lei resistette indomita nel proteggere la sua verginità consacrata al suo Sposo celeste, al quale volle rimanere fedele ad ogni costo.
Sconfitta e delusa, Afrodisia riconsegna a Quinziano Agata dicendo: “Ha la testa più dura della lava dell’Etna”. Allora furioso, il proconsole imbastì un processo contro di lei, che si presentò vestita da schiava come usavano le vergini consacrate a Dio; “Se sei libera e nobile” le obiettò il proconsole, “perché ti comporti da schiava?” e lei risponde “Perché la nobiltà suprema consiste nell’essere schiavi del Cristo”.
Il giorno successivo altro interrogatorio accompagnato da torture, tralasciamo i testi degli interrogatori per motivo di spazio, del resto sono articolati diversamente da una ‘passio’ all’altra. Ad Agata vengono stirate le membra, lacerata con pettini di ferro, scottata con lamine infuocate, ma ogni tormento invece di spezzarle la resistenza, sembrava darle nuova forza, allora Quinziano al colmo del furore le fece strappare o tagliare i seni con enormi tenaglie.
Questo risvolto delle torture, costituirà in seguito il segno distintivo del suo martirio, infatti Agata viene rappresentata con i due seni posati su un piatto e con le tenaglie. Riportata in cella sanguinante e ferita, soffriva molto per il bruciore e dolore, ma sopportava tutto per l’amore di Dio; verso la mezzanotte mentre era in preghiera nella cella, le appare s. Pietro apostolo, accompagnato da un bambino porta lanterna, che la risana le mammelle amputate.
Trascorsi altri quattro giorni nel carcere, viene riportata alla presenza del proconsole, il quale visto le ferite rimarginate, domanda incredulo cosa fosse accaduto, allora la vergine risponde: “Mi ha fatto guarire Cristo”. Ormai Agata costituiva una sconfitta bruciante per Quinziano, che non poteva sopportare oltre, intanto il suo amore si era tramutato in odio e allora ordina che venga bruciata su un letto di carboni ardenti, con lamine arroventate e punte infuocate.
A questo punto, secondo la tradizione, mentre il fuoco bruciava le sue carni, non brucia il velo che lei portava; per questa ragione “il velo di sant’Agata” diventò da subito una delle reliquie più preziose; esso è stato portato più volte in processione di fronte alle colate della lava dell’Etna, avendo il potere di fermarla.
Mentre Agata spinta nella fornace ardente muore bruciata, un forte terremoto scuote la città di Catania e il Pretorio crolla parzialmente seppellendo due carnefici consiglieri di Quinziano; la folla dei catanesi spaventata, si ribella all’atroce supplizio della giovane vergine, allora il proconsole fa togliere Agata dalla brace e la fa riportare agonizzante in cella, dove muore qualche ora dopo.
Dopo un anno esatto, il 5 febbraio 252, una violenta eruzione dell’Etna minacciava Catania, molti cristiani e cittadini anche pagani, corsero al suo sepolcro, presero il prodigioso velo che la ricopriva e lo opposero alla lava di fuoco che si arrestò; da allora s. Agata divenne non soltanto la patrona di Catania, ma la protettrice contro le eruzioni vulcaniche e poi contro gli incendi.
L’ultima volta che il suo patrocinio si è rivelato valido, tramite il miracoloso velo, portato in processione dall’arcivescovo di Catania, è stata nel 1886, quando una delle ricorrenti eruzioni dell’Etna, minacciava la cittadina di Nicolosi, posta sulle pendici del vulcano e che venne risparmiata dalla distruzione.
Nel 1040 le reliquie della santa, furono trafugate dal generale bizantino Giorgio Maniace, che le trasportò a Costantinopoli; ma nel 1126 due soldati della corte imperiale, il provenzale Gilberto ed il pugliese Goselmo, le riportarono a Catania dopo un’apparizione della stessa santa, che indicava la buona riuscita dell’impresa; la nave approdò la notte del 7 agosto ad Aci Castello, tutti i catanesi risvegliatisi e rivestitisi alla meglio, accorsero ad onorare la “Santaituzza”.
Nei secoli le manifestazioni popolari legate al culto della santa, richiamavano gli antichi riti precristiani alla dea Iside, per questo s. Agata con il simbolismo delle mammelle tagliate e poi risanate, assume una possibile trasfigurazione cristiana del culto di Iside, la benefica Gran Madre, anche se era appena una quindicenne.
Ciò spiegherebbe anche il patronato di s. Agata sui costruttori di campane, perché si sa, nei culti precristiani la campana era simbolo del grembo della Mater Magna. Le sue reliquie sono conservate nel duomo di Catania in una cassa argentea, opera di celebri artisti catanesi; vi è anche il busto argenteo della “Santaituzza”, opera del 1376, che reca sul capo una corona, dono secondo la tradizione, di re Riccardo Cuor di Leone.
Il culto per s. Agata fu talmente grande, che fino al XVI secolo, essa era contesa come appartenenza anche da Palermo, la questione è stata a lungo discussa, finché a Palermo il culto per la santa, fu soppiantato da quello per s. Rosalia. Anche a Roma fu molto venerata, papa Simmaco (498-514) eresse in suo onore una basilica sulla Via Aurelia e un’altra le fu dedicata da S. Gregorio Magno nel 593.
Nel XIII secolo nella sola diocesi di Milano si contavano ben 26 chiese a lei intitolate. Celebrazioni e ricorrenze per la sua festa avvengono un po’ in tutta Italia, perfino a San Marino, ma è Catania il centro più folcloristico e religioso del suo culto, le feste sono due il 5 febbraio e il 17 agosto, con caratteristiche processioni con il prezioso busto della santa, custodito nel Duomo.
Vi sono undici Corporazioni di mestieri tradizionali, che sfilano in processione con le cosiddette ‘Candelore’ fantasiose sculture verticali in legno, con scomparti dove sono scolpiti gli episodi salienti della vita di s. Agata. Il busto argenteo, preceduto dalle ‘Candelore’ è posto a sua volta sul “fercolo”, una macchina trainata con due lunghe e robuste funi, da centinaia di giovani vestiti dal caratteristico ‘sacco’.
Tante altre manifestazioni popolari e folcloristiche, oggi non più in uso, accompagnavano nei tempi trascorsi questi festeggiamenti, a cui partecipava tutto il popolo con le Autorità di Catania, devotissimo alla sua ‘Santaituzza’.
Autore: Antonio Borrelli



MARTIRIO DI SANT'AGATA

DA

PARMIGIANINO

INCISA DA

PAOLO TOSCHI

E

RAIMONDI

Incisione originale
XIX secolo
dimensioni foglio
540x700 mm
incisione
210x310 mm

A questo punto conosciuta la "passio" che ricordo nel Martirologio Romano  non è così ricca di particolari che sono stati aggiunti da scritti successivi, oltrer modo è da tener presente che le uniche fonti che fanno riferimento "al proconsole romano Quinziano che mette a morte Sant'Agata" sono da ricondursi solo ed esclusivamente a  teologi Cristiani del V secolo.
Analizziamo ora i  fatti salienti e i protagonisti di questa storia, ma prima ecco cosa si afferma nel libro:
Vita de Santi per ciaschedun giorno dell'anno alle quali si premettono la vita di Gesù Cristo e le feste mobili nuova edizione riveduta dall'autore e accresciuta dedicata alla santità di nostro Signore Clemente XIV  
 Carlo Massini - 1772 


Gli Atti del Martirio di questa santa Vergine, benché non sieno originali, sono però molto antichi , e nella sostanza meritano tutta la fede, come si può vedere presso il Tillemont tom. >. delle Memorie Ecclesiastiche • Essi sono riferiti dal Surio, e dai Bollandisti sotto quclito giorno.
SAnt'Agata è una delle più illustri vergini della Chiesa, e una delle quattro principali Martiri deli' Occidente , di cui si fa menzione nel Canone della Messa . La celebrità del suo nome appresso i Greci, e appreslò i Latini è una prova indubitata del suo merito straordinario, e della morte sua preziosa agli occhj del Signore . Sebbene non sieno pervenuti sino a noi gli Atti autentici del suo martirio, ci restano però nella Storia Ecclesiastica tali illustri memorie, che meritano di essere riportate . Da queste adunque si ricava , come questa gloriosa Vergine nacque in Sicilia d'una famiglia assai nobile e ricca . La singolare bellezza , di cui era dotata....

Si racconta che la Santa venne consacrata a Dio con la cerimonia  chiamata ‘velatio’, e le viene posto sul capo  il ‘flammeum’ di colore rosso.
 Tale rito in epoca pre cristiana era in uso tra i romani e prima ancora tra i greci durante la cerimonia del matrimonio alla sposa veniva messo sul capo un velo rosso fiamma.
Nella mitologia romana, il dio Imene (o Imeneo, figlio di Dionisio (Bacco) e di Afrodite (Venere), presiedeva al matrimonio.  
Nella mitologia greca è conosciuto sotto il nome di Hymenaios.
Nella tradizione greca, Imeneo camminava alla testa di ogni corteo nuziale, e proteggeva il rito del matrimonio; gli ateniesi, in alcune feste solenni, lo invocavano con un canto di gioia: - "Imeneo, Imene! O Imene, Imeneo!"
Imeneo era rappresentato sotto forma di un giovane uomo biondo con il capo coronato di fiori, soprattutto di maggiorana, che teneva nella mano destra una torcia, altre volte un flauto  e, nella sinistra un velo di color fiamma,(che ricorda appunto il velo rosso della Santa) colore particolarmente adatto alle cerimonie nuziali e a volte questo dio, coronato di rose, portava un abito bianco  ricamato a fiori. 
Tale cerimoniale nuziale differiva da quella dei primi cristiani in quanto l'uso cristiano che viene da quello ebraico  prevedeva che la donna portasse un velo sulla testa, ma il velamen cui si riferiscono le notizie sin dall'epoca patristica non riguarda solo la donna ma la coppia quindi anche l'uomo veniva ricoperto da un velo che però non era rosso ma bianco.
Se questo era il cerimoniale cristiano per il matrimonio questi non poteva differire molto da quello che consacrava a Dio quindi il rito a cui si fa riferimento nella passio di Sant'Agata è sicuramente un cerimoniale pagano e non cristiano.
Oltre al Proconsole Quinziano personaggio storico della "Passio" vi è la sacerdotessa Afrodisia, personaggio importante ai fini della ricerca delle vere origini della Santa.
Afrodisia (Aphrodisias) è un'antica città della Caria in Asia Minore (odierna Turchia).
Si trova su un altopiano, ad un'altitudine di circa 600 m s.l.m., presso la valle del Meandro. La zona fu spesso soggetta ai terremoti.
Il nome di Afrodisia, con cui la città venne conosciuta in epoca ellenistica e romana, deriva dalla dea Afrodite, che fu sposa di Dioniso con cui i Greci identificavano la dea Astarte.
Per tutto l'impero romano rimase centro importante, sia culturale e per la presenza del santuario dedicato ad Afrodite che come centro di produzione artistica legato alle vicine cave di marmo.
Con la diffusione del Cristianesimo divenne sede del vescovo di Caria e l'antico santuario di Afrodite fu trasformato in chiesa cattedrale (fine del V secolo). 
Il nome della città venne cambiato in Stavrapolis ("città della croce"). 
In epoca bizantina prese infine il nome di "Caria", dalla regione amministrativa di cui era capoluogo.
Già da queste due brevi analisi si può intuire la vera natura della santa ma per capire i legami che intercorrono con gli Dei Greco-Romani Dioniso e Afrodite dobbiamo approfondire lo studio partendo dal luogo in cui è venerata e cioè Catania e infine passare all'etimologia del nome Agata.  
La storia della Sicilia greca (in greco Σικελία) si fa risalire convenzionalmente alla fondazione della prima colonia, quella di Zancle, fondata da coloni calcidesi nel 756 a.C
seguirono poi  Naxos, Leontinoi e Katane (l'odierna Catania) uno dei porti più importanti della Magna Grecia  e fu dai greci consacrata a Dioniso, e testimonianza ne è l'elefantino oggi simbolo della città che secondo la mitologia fu cavalcato dal Dio per sconfiggere le amazzoni.
Ecco come ci viene raccontato il culto di Dioniso a Catania in un libro del 1833:
Osservazioni sopra la storia di Catania cavate dalla storia generale di Sicilia
del Cavaliere Vincenzo Cordaro Clarenza 1833
RELIGIONE GOVERNO LEGGI COSTUMI COMMERCIO
ARTI SCIENZE IN QUESTA EPOCA
Art. 5o Conciossiachè nelI'Eubea, dalla più alta antichità, essendovi la stessa religione pagana delle altre parti della Grecia, veniva il sole adorato sotto il nome di Bacco o Dionisio (i), i popoli di quell' isola in Catania portandosi, il culto di questo dio « i sacri riti della loro patria introdussero (2); perlocchè un tempio gli edificarono vicino le terme achillee (3), che esser dovette secondo l' usanza di quell' ora come quello di Eliopoli, quadrilatero, perchè quattro erano le stagioni, e con dodici altari, perchè a tal numero ascendono i segni del zodiaco; con nel mezzo del tempio un vaso dove quegl' ignoranti depositavano le offerte......
(1) Patjsania in Corinthiacis.
(2) Catana colonia Chakidensium ex Naxo pToftetorum patrium sacrorvm rìtitm secum in novas deduxit stdtt, eultum vìdelicet Bacchi Avercampio Praefat. ad Diunismata catan. pag. Icjs. 
Il culto del sole in Catania si può dedurre inoltre da varie medaglie ad essa città appartenenti. (3j Gaitani cap. 3i, pag. i34<
Storiografi e mitografi generalmente sono d'accordo nell'escludere che il mito di Dioniso sia sorto in Grecia, dove il culto dionisiaco si radicò non prima dell'VIII secolo a.C.  
Secondo alcuni, il mito di Dioniso sarebbe di origine tracica, secondo altri di origine cretese, secondo altri di origine persiana e vedremo in seguito che quest'ultima ipotesi potrebbe essere la più accreditata.
Ma c'è anche un'altra teoria che vede la nascita del culto di Dioniso direttamente in Sicilia che ci interessa da vicino non fosse altro per il nome della città dove il culto sembra sia nato e precisamente nella città di Agatirno. 
Quanto alla esatta ubicazione della città di Agatirno, l'indicazione più attendibile appare tuttora quella fornita dallo storico Tommaso Fazello (Sciacca 1498 - Palermo 1570), secondo il quale Agatirno era ubicata nell' antichissima contrada denominata (ovviamente in epoca cristiana) San Martino: pressappoco nella stessa zona in cui, a partire dal 1921, è stato realizzato il cimitero di Capo d'Orlando. 
Nella quale contrada constatò egli stesso la presenza di rovine (oggi non più esistenti) che secondo lui erano quelle dell’antica città­.
Secondo Diodoro Siculo (vissuto tra 1’80 ed il 20 a.C) si chiamava Agathurnon (neutro singolare greco) secondo Polibio (vissuto tra il 205 ed il 125 a.C.) si chiamava invece Agathurna (neutro plurale) secondo Tito Livio (vissuto tra il 59 a. C. ed il 17 d. C.) ed altri autori di lingua latina tra i quali il poeta Silio Italico (vissuto tra i] 25 ed il 101 d. C.) l’antica città si chiamava invece Agathirna (femminile singolare). 
Secondo altri si chiamava invece Agatirio o Agatirso; e Agatirside si chiamava la regione cui la città faceva capo.
Composto di agathós e ierós (vale a dire il buon santo, il buon dio) e quindi fuso e trasformato in Agathirios. 
Il quale nome, probabilmente, era uno dei tanti epiteti del dio Dióniso o Bacco che, per i suoi devoti, era il buon dio per eccellenza, e dunque è più che probabile che Agatirio sia stato il nome più antico della città, che fu poi chiamata Agatirno: o perche Agatirni (aggettivazione del nome Agatirio) erano chiamati i suoi abitanti ed era costume degli antichi chiamare le città con il nome degli abitanti, o perché caput Agathirnum (sempre aggettivazione del nome Agatirio) venne chiamato dai Romani il promontorio che, in epoca normanna, avrebbe preso il nome di capo d’Orlando.
Inoltre il nome di tale città ha assonanza con un altro mito Greco
AGATONE Ἀγάθων (Agàthon)
Figlio di Priamo, citato soltanto nell'ultimo canto di Hom. Il. 24, con l'epiteto δῖος, "illustre"; con altri otto suoi fratelli e fratellastri viene rimproverato dal vecchio padre, impaziente di preparare il carro per andare a recuperare il corpo di Ettore.
Semplice formazione con suffisso -ων dall'aggettivo ἀγαθός, "buono", "valente", con ritrazione dell'accento. 
Abbiamo visto sin'ora come il nome della santa abbia inequivocabilmente origini greche e sia legato molto probabilmente anche ad una città Agatirio prima e a Catania poi con un unico filo conduttore il dio Greco Dioniso, ma per capire veramente  la genesi del nome e quindi della santa e il legame con il Dio Dioniso dobbiamo prendere in considerazione un'altra probabile origine etimologica del nome Agata.
Come abbiamo visto si fa derivare dal nome greco Ἀγαθὴ o Ἀγάθη (Agathe), forma femminile dell'aggettivo ἀγαθὸς (agathos), che significa "buono"; può dunque significare "persona dal buon carattere" "o "buona", "valente", o anche "onesta", "nobile d'animo" ma che ha anche valenza di possesso.
Proviamo ora a dare un ulteriore lettura etimologica, in molti casi l'origine di un nome o di una parola è dato dalla fusione di due parole distinte.
Nel greco antico ἀγα (aga) è un prefisso rafforzativo mentre θὸς (thos) potrebbe essere ciò che rimane della parola βάθος  che significa Profondità da cui appunto:
ἀγα(βά)θὸς (agathos) da considerare che la particella βά presa singolarmente è una congiunzione (tradotta in italiano è: ed ) cambiando così significato da Buono a molto in profondità.
Si comprende come tale traduzione faccia riferimento all'agata, una varietà di quarzo, dal cui nome deriverebbe  akhates (tramite il latino achates) o Akhata che era l'antico toponimo del fiume Dirillo, dove tali pietre venivano rinvenute assunse il nome di Wadi Ikrilu (fiume delle Acrille) in epoca araba.
Sotto il nome di Agata si classificano molte pietre della famiglia dei quarzi (pietre essenzialmente formate da biossido di silicio).
E' una varietà di Calcedonio caratterizzata da striature di svariati colori e disegni di bande colorate o concentriche o di chiazze di diversi colori causate da inclusioni di altri minerali.

In antichità si pensava avesse proprietà magiche e si  credeva che chi la indossava fosse caro agli dei, e che bruciandola tenesse lontano bufere e tempeste e fosse in grado di infondere forza e coraggio. 
Plinio sosteneva che rendesse invincibili gli atleti e Alberto Magno attribuiva alla gemma il potere di evitare i pericoli e vincere le contrarietà. 
Nel poema “Lithica” attribuito ad Orfeo, si legge che l’uomo innamorato per conquistare il cuore della donna desiderata, dovesse indossare un’agata, perché aveva il potere di rendere amabili e simpatici. 
Secondo la tradizione medioevale chi la portava vedeva ogni incantesimo e non poteva subire alcun maleficio con le erbe (Lapidario estense). 
Le agate con tinte marroni o nere, al cui centro si trovava un cerchio bianco era utilizzata come amuleto contro il malocchio: il cerchio bianco era considerato infatti simile all'occhio vigile di uno sguardo protettore. 
Si diceva che estinguesse la sete e proteggesse dalla febbre.
 I maghi persiani usavano l'agata per allontanare i temporali.
 L'Agata rossa conosciuta anche come agata color sangue, questa pietra fu portata nell'antica Roma per protezione contro le punture d'insetti, per la salute del sangue e per favorire la calma e la pace.
 Il quarzo viola detto ametista era considerata un forte antidoto contro l'ubriachezza e quindi legata al Dio Dioniso.
la gemma simboleggiava ancora la sobrietà difatti la parola Greca "amethystos" può essere letteralmente tradotta con "non ubriaco"
La leggenda sull'origine dell'ametista deriva dai miti greci. 
Dioniso, Dio dell'intossicazione, fu un giorno offeso dagli insulti di un semplice mortale e giurò di vendicarsi sul primo mortale che avesse incrociato sul suo cammino, e per far ciò creò delle tigri feroci. 
Nulla sospettando, passò Ametista, una bellissima giovane fancuilla che andava a pagare il suo tributo alla dea Diana
Diana trasformò Ametista in una statua di quarzo puro e cristallino per proteggerla dagli artigli feroci. 
Dioniso, alla vista della bellissima statua pianse lacrime di vino per il rimorso delle sue azioni. 
Le lacrime del dio macchiarono il quarzo di viola, creando la gemma.
Trovata la connessione tra il Dio Dioniso e l'Agata torniamo all'origine del nome di quest'ultima che come abbiamo detto è ἀγα - βάθὸς (molto in profondità) e analizziamo la morfologia del territorio siciliano intorno a Catania con l'aiuto di una cartina.
Il fiume Akhates (Dirillo) nasce dai Monti Iblei  che sono un altopiano collinare localizzato nella parte sud-orientale della Sicilia, compresa tra le province di Ragusa, Siracusa e Catania il Monte Lauro è la cima più alta, con un'altezza di 986 m s.l.m.


Ancora prima della colonizzazione greca, la Sicilia sud-orientale era abitata, ora sulle piane costiere ora sulle impervie montagne, da diverse popolazioni, come testimoniano gli imponenti resti archeologici tuttora visibili e la vasta necropoli di grotte artificiali, le gole a strapiombo che si uniscono alla confluenza dei fiumi Calcinara e Anapo racchiudono la Necropoli di Pantalica (SR).
Qui era il cuore dell'antico regno di Hybla e le abitazioni e i templi erano scavati lungo le vertiginose pareti calcaree.

Tali abitazioni rupestri richiamano in maniera identica un altra antica città sotteranea situata però in Turchia  nella Cappadocia e precisamente nell'Anatolia sud orientale  la città di khata il cui nome ricorda molto quello del fiume akhates inoltre  in lingua turca le parole  aşağı kata significano sotto terra
Ricapitoliamo la genesi di Agata:

Agata ---> Agathe (Ἀγάθη)---> Agathos (ἀγαθὸς), "buono"--->Aga Batos (ἀγα βάθὸς) molto in profondità ---> akiathes, akhates (ακηαθες fiume dirillio)--->
khata--->aşağı kata (sotto terra).

In precedenza abbiamo visto cosa lega il Dio Dioniso all'Agata minerale ma qual'è la connessione con la Santa? 
Analizzando la parola Agata si è scoperto che la sua genesi non è greca ma persiana e precisamente proveniente dalla Cappadocia che è la culla  originaria anche del  culto del Dio Dioniso difatti:
A Zeus la cadmeia Semele generò un figlio illustre,
unitasi a lui in amore, Dioniso ricco di gioia,
lei mortale un figlio immortale, e ora ambedue sono dèi.
In questi versi di Esiodo (Teogonia, 940-42) sono già tracciate le linee essenziali del mito di Semele: dal suo grembo uscì Dioniso quando lei morì incenerita dalla folgore di Zeus. Semele è in origine dea ctonia dell’Anatolia ed il suo nome è forse da legare col nome slavo Zemlja, che significa "terra". 

L’unione ierogamica sembra riflettere uno schema tipico della cosmologia mitica: Semele, la terra, è fecondata da Zeus, il fulmine, cui segue tempesta ed acqua pluviale, Dioniso il frutto.

Si tratta di un motivo arcano della mitologia indoeuropea, che trova un altrettanto misterioso parallelo nella tradizione indiana delle Upanishad

Il dio Soma, equivalente indiano di Dioniso, in quanto patrono delle inebrianti bevande fermentate a base di miele, fu cucito nella coscia della divinità celeste Indra.

Così come la terra dal suo profondo(βάθος)  produce  e fa nascere un frutto buono (ἀγαθὸς) l'Agata (l'agata si forma allinterno di roccia basaltica che spaccata si rivela come un frutto) così Dioniso è legato alla terra (Dea Semele) di cui è figlio (frutto).
Dioniso è un Dio, come già detto, di sesso maschile ma la sua indole è femminile, istintivo e passionale, assolutamente irrazionale e pulsionale. 
Anche per Lui, come per il padre Zeus, le donne giocano un ruolo fondamentale, tant’è che le sue seguaci sono prevalentemente donne.
La madre morì quando Dioniso era ancora un feto, e lui crebbe circondato da nutrici e madri adottive, e in seguito discese nell’Ade per cercare sua madre. 
Nell’ambito della mitologia greca, Dioniso è l'unico dio che salva e risana (anziché dominare e violentare) le donne che rappresentano precedenti divinità, detronizzate perché il popolo che le venerava è stato sconfitto.
Dioniso infatti discese nell'Ade per riportare in vita la madre Semele. 
Poi, insieme, ascesero all'Olimpo, dove lei divenne immortale.  
Ed è appunto da questa indole femminile che nasce la figura di  Santa Agata poichè come Dioniso e come l'agata minerale è figlia della terra (la famiglia di Agata è rappresentata come ricca e benestante legata ai beni materiali quindi terreni) che l'ha generata e ha in se  i poteri taumaturgici che gli antichi popoli attribuivano alle pietre preziose e come Dioniso-Bacco ha il potere di salvare e di risananare.

 I fonditori di campane
Un tempo sant’Agata era considerata protettrice dei fonditori di campane e degli ottonai. Questa tradizione nacque, secondo alcuni, perchè, quando scoppiavano calamità, era consuetudine suonare le campane. 
Quindi la santa, solitamente invocata contro le calamità, fu nominata protettrice di coloro che realizzavano gli strumenti utilizzati per dare l’allarme. 
Ma, secondo altri, la protezione era invocata dagli stessi fonditori affinché la vergine catanese proteggesse la fusione e la perfetta riuscita delle campane.  
I tessitori
La venerazione di sant’Agata come patrona dei tessitori nasce da una leggenda che ha trasformato Agata in una sorta di Penelope cristiana. 
Vuole la leggenda che Agata, per allontanare le nozze con un uomo molesto e odioso, sicuramente lo stesso Quinziano, lo avrebbe convinto ad aspettare che fosse terminata una tela che ella stava tessendo. 
Ma, come faceva la moglie di Ulisse con i Proci, Agata di giorno tesseva e di notte scuciva, cosicché la tela non fu mai ultimata.
Contro gli incendi
La devozione per sant’Agata protettrice contro i pericoli del fuoco si diffuse durante il Medioevo. 
Si disse a quell’epoca che, se la santa proteggeva contro il fuoco di un vulcano, a maggior ragione poteva difendere contro tutti gli incendi. 
La prerogativa di allontanare il fuoco ha diffuso il culto di sant’Agata oltre i confini nazionali. Per esempio a Lione, in Francia, i contadini il 5 febbraio fanno benedire un pane che scagliano contro le fiamme in caso di incendio. 
Sempre durante il Medioevo si diffuse la credenza che sant’Agata proteggesse anche contro qualsiasi altra calamità naturale: inondazioni, bufere, epidemie e carestie.
Contro le malattie femminili 
Sant’Agata, fu martirizzata con l’amputazione delle mammelle, per scongiurare le malattie e i tumori al seno e, più in generale, contro tutte le malattie femminili. 
E numerosi sono i casi di guarigioni miracolose operate per intercessione di sant’Agata su casi diagnosticati inguaribili. 
Sant’Agata inoltre protegge le puerpere che hanno male al seno e le gestanti che a lei si rivolgono per ottenere un parto felice e la grazia di allattare personalmente i propri figli.
 Altro legame che accomune la Santa a Dioniso sono le date dei festeggiamenti .
Sant'Agata si festeggia il 5 febbraio e in antichità i giorni 5 e 6 erano dedicati a Dioniso
La Santa viene festeggiata anche il 17 agosto e durante l'impero Romano il 17 agosto era una Festa in onore del dio Portuno, Portunus, dio dei porti, e anniversario del tempio dedicato al dio e poichè Catania aveva un grande porto probabilmente in epoca greca si celebravano le Grandi Dionisie, feste di diversi giorni.
Il dio sbarcava al porto e saliva alla città, seguito da una processione. (per il legame di Dioniso col mare, che non sempre è ricordato).
Particolare non di poco conto che ci permette di comprendere la nascita nel cristianesimo della figura di Sant'Agata è la parola PECCATO che in lingua ebraica כחאטא si legge KHATA lo stesso lemma che ha dato vita al termine AGATA.  
Si guardi inoltre alla stessa città di Catania il cui nome in greco era KATANE e a suggello e  termine di questo post l'origine di un'altra parola tardo latina "catacumba", da cui l'italiano "catacomba", che si pensa derivi dalla locuzione greca "κατά κυμβής (katá kymbḗs)" o "κατά κύμβας (katá kýmbas)" (direttamente o attraverso la voce latina "cumba") che si può tradurre come "presso/sotto la cavità/le grotte.




mercoledì 13 febbraio 2013

La Firma di Padre PIO VALE 201 EURO?

clicca qui per andare sulla pagina ebay
Il Santino con la firma di Padre Pio è stato venduto all'asta con ben 30 offerte e i collezionisti che hanno partecipato ALL'ASTA sono stati 4 il "FORTUNATO" che l'ha spuntata agli ultimi secondi si è  aggiudicato  il pezzo alla "simbolica" cifra di euro 201.
Vorrei innanzi tutto congratularmi  con il collezionista per il favoloso acquisto ma soprattutto con il venditore "CHE CI HA SAPUTO FARE"!.
Come ho spiegato nel precedente post la firma che si trova sul santino per quanto mi riguarda E' FALSA se ancora vi è qualche dubbio ecco a confronto alcune firme attribuite a Padre Pio, su una cartolina e altri due santini e infine con un santino in mio possesso dove vi è stampata la VERA firma.
 
Firma stampata








Ora mettiamo a confronto le 6 firme autografe


1 firma stampata
http://www.liveauctioneers.com/item/9299795
http://giovenaleninosassi.blogspot.it/2009/10/san-pio-da-petralcina.html
http://annunci.ebay.it/annunci/collezionismo-e-fai-da-te/milano-annunci-milano/autografo-di-padre-pio-su-immaginetta/23535703

fermo restando che  nessuno sta imbrogliando nessuno e che quindi le persone che asseriscono che tali firme siano originali sono nella più assoluta buona fede cerchiamo di vederci chiaro.
Premesso che le firme 1 e 2 senza ombra di dubbio e quindi con assoluta certezza  sono originali, ponendo queste a confronto con le firme 3 4 e 5 possiamo notare come siano completamente diverse.
Passiamo ora al confronto della 1 e 2 con la firma incriminata, in maniera più dettagliata.

 
Come si può notare dai confronti vi sono  notevoli differenze.
A onor del vero si può ipotizzare che tali differenze riscontrate anche con le firme 3 4 e 5 possano imputarsi al passare degli anni e cioè che Padre Pio nel corso della sua vita in età ormai avanzata abbia cambiato la sua calligrafia.
Altra ipotesi potrebbe essere quella che vede un Padre Pio LUNGIMIRANTE (sappiamo che aveva poteri di chiaroveggenza) che sapeva della MERCIFICAZIONE che si sarebbe fatta della sua figura dopo la sua morte e  quindi volutamente cambiava il suo modo di firmare.
A parte queste due ipotesi che confermerebbero la veridicità delle firme, non metto in dubbio che possa aver firmato in vita qualche santino o cartolina ma a una ristretta cerchia di persone.
Padre Pio come detto e come tutti sanno era una persona schiva un pò burbera che certamente non si sentiva un divo sotto i riflettori per cui non credo che firmasse autografi ai suoi devoti.
Un altra considerazione da fare sul santino in questione è perchè oltre alla firma vi è anche un altra parola?

Che dovrebbe leggersi CAPPUCCINO e qui viene spontanea un altra domanda che bisogno aveva Padre Pio di scrivere tale parola dopo la sua firma?
Sembra piuttosto un indicazione scritta dal possessore originario che andando in visita al Santo e avendolo incontrato abbia così voluto avere un suo ricordo pur non potendolo avvicinare.
Un ultima valutazione che possiamo prendere in considerazione pur non avendo certezze è considerare la datazione di produzione del santino mettendola a confronto con la data di morte di Padre Pio che avvenne il 23 settembre 1968.
Ora tale santino
 
presumibilmente fu prodotto nello stesso periodo e quindi l'incontro se incontro vi fu, con la devota avvenne forse negli ultimi anni di vita del Santo (che sappiamo furono molto travagliati)  che ancora di più lascia perplessi sulla veridicità della firma.
Ovviamente le mie sono solo supposizioni, teorie e mi auguro che il nostro AMICO  collezionista si sia aggiudicato un Santino con la VERA firma di Padre Pio, ma vi lascio con un ultima domanda
Un Santino con la VERA firma di Padre Pio vale 201 euro?  

martedì 12 febbraio 2013

in vendita su ebay il favoloso libro "La Bibbia dei Klauber

clicca  per andare su ebay 
IL favoloso libro completo di 100 incisioni dei Fratelli Klauber datato 1757.
INVIDIO tantissimo chi potrà aggiudicarselo alla splendida cifra di quasi 1500 euro.
Mi auguro solo che chi faccia questo passo sia un collezionista italiano.

martedì 5 febbraio 2013

EBAY Santino con la "VERA" firma di Padre Pio?

Ormai sinceramente sto cominciando a stancarmi, per favore chi glielo dice al venditore beverlyshoppingcenter   che si ostina a mettere in vendita  questa cromolitografia che
NON PUO' AVERE UN VALORE DI 
           150 euro!!!





Ma soprattutto e mi auguro che sia nell'ignoranza più assoluta (non vuol essere un insulto! dal verbo IGNORARE CIOE'  che IGNORA non CONOSCE) e nella più assoluta BUONAFEDE il Venditore totapulcra che mette all'asta addirittura un santino autografato di Padre Pio da Pietralcina, CHI GLIELO DICE CHE E' UN FALSO!!!!
E ve lo dimostro subito

ecco a voi il confronto tra la firma sul santino e la firma originale presa dal Blog Consulenza Grafologica.
Vi sembra la stessa firma? Be a me pare proprio di no! 
Viene venduto con una base d'asta a euro 19,90 con una offerta.
Nella descrizione viene scritto quanto segue:
PICCOLO SANTINO 
SUL RETRO AUTOGRAFO PADRE PIO
IL SANTINO PROVIENE DA ARCHIVIO
DEVOTA SPIRITUALE PADRE PIO
Un "FORSE" tra le parole autografo e Padre Pio "FORSE" andava messo giusto per correttezza.
Che il Santino provenga da un archivio di devota a Padre Pio dice tutto e non dice NULLA!
Se vogliamo fare un sondaggio di quante persone siano state e lo sono ancora devote a padre Pio e di quante sono andate a trovarlo quando era in vita, bè non basterebbe il mio blog per elencarle.
Inoltre non ho MAI letto o sentito che firmasse autografi.
Per sua natura era alquanto schivo  burbero e scontroso soprattutto con quanti gli chiedevano qualcosa e i curiosi e a quanto so lo era soprattutto con le donne che gli chiedevano udienza quindi non credo potesse essere facile avvicinarlo e chiedere un autografo a meno che questa fedele non facesse parte di quella cerchia ristretta che era vicino a Padre Pio ma ho i miei dubbi.
CREDO CHE NON VI SIA ALTRO DA DIRE, ovviamente rimango a disposizione del venditore che se vuole può mandarmi in visione il santino che farò esaminare da un esperto grafologo.